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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 4 febbraio 2013, 16:28 
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NISSAN 350 Z



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La storia delle serie Z Nissan, è ormai una tradizione, risale circa al 1984 con l'apparizione della prima serie di 300ZX, ciò che può essere considerata la mamma della odierna 350Z, venne poi prodotta in altri modelli il più recente dei quali molto apprezzato in versione turbo, ma quella che può essere considerata la vera antesignana della 350Z è la Datsun 240Z, presentata nel 1969.
Il modello è stato dapprima presentato in versione coupé, seguito poi dalla versione cabriolet, la Roadster.
La 350Z seconda versione ha un motore V6, di 3,5 litri di cilindrata, con 24 valvole, che sviluppa 300 cavalli a 6400 giri/min (velocità massima 250 Km/h con 0-100 in 5,8 secondi), mentre la versione precedente aveva 280 cavalli, ha una coppia di 353 Nm e passa da 0-100 in circa 6,3 secondi con una velocità massima di 250 Km/h. Il motore è noto anche come VQ35DE, la distribuzione del peso tra anteriore/posteriore è di 53/47, ed è quindi un'auto dall'animo sportivo, capace di regalare grandi emozioni, grazie anche alla trazione posteriore e ad una guida facile.
Per il Model Year 2007, il propulsore viene sostituito con la nuova versione costruita a partire da zero, il VQ35HR, la cui potenza viene portata a 313cv e la coppia motrice viene incrementata a 363 Nm e passa da 0-100 in circa 5,6 mentre la velocità viene limitata elettronicamente a 251 Km/h (1km/h in più rispetto alle versioni precedenti).
Nel 2005 è stata presentata la versione speciale per il 35esimo anniversario del debutto della 240Z, con nuovi cerchi da 18 pollici più leggeri di 1.6 kg e disponibile solo nei colori nero e giallo. Dopo la fine della produzione, nel 2009 è uscita sul mercato la sua erede, la 370Z


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 febbraio 2013, 11:23 
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TESLA MODEL S


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Ecco un'auto così avanzata da definire il nuovo standard per le prestazioni premium. Il suo cuore è la collaudata motorizzazione Tesla, capace di garantire un'autonomia di percorrenza senza precedenti e un'entusiasmante esperienza di guida.Grazie al suo telaio rigido, la sua ripartizione dei pesi di quasi 50/50 e un centro di gravità considerevolmente basso, la Model S offre la reattività e l'agilità delle migliori sportive al mondo senza rinunciare al comfort di una berlina.L'avanzata motorizzazione elettrica Tesla regala prestazioni straordinarie. A differenza dei motori a combustione interna, con le loro centinaia di parti in movimento che emettono scintille, pompano e rombano, il motore Tesla ha un unico elemento che si muove: il rotore. Il risultato? L'accelerazione della Model S è immediata, come quando si preme un interruttore. Premi sull'acceleratore. In 5,9 secondi la Model S raggiunge i 100 Km all'ora, senza esitazioni e senza una sola goccia di benzina..La Model S Performance porta le prestazioni elettriche a un nuovo livello. Grazie alla batteria da 85 kWh e all'inverter di trazione ad alte prestazioni, la Model S Performance raggiunge i 100 Km/h in 4,6 secondi. Mantenendo uno stile di guida costante, la Model S e la Model S Performance hanno la stessa efficienza, grazie alla nostra motorizzazione innovativa. La Model S Performance si riconosce dai dettagli esterni e dai particolari in alcantara e fibra di carbonio dell'abitacolo.
Il sistema di sospensione della Model S è stato specificamente progettato per l'architettura unica di quest'auto. Lavora in armonia con la rigida e leggera piattaforma Tesla, per offrire il massimo controllo e un comfort ottimale. Essendo libera dal peso di un motore, la sospensione anteriore ottimizza la precisione dello sterzo. Le sospensioni multilink posteriori sono progettate per integrarsi alla perfezione con la motorizzazione.Molto più di un ottimo pacchetto di guida e gestione: le sospensioni pneumatiche attive abbinano vantaggi automatici a funzioni on demand. Quando la Model S accelera, le sospensioni la abbassano per ottimizzare l'aerodinamica e prolungare l'autonomia. Usa il display touchscreen per sollevare o abbassare la Model S, ad esempio se devi attraversare spessi strati di neve o affrontare discese ripide.
Il servosterzo elettronico reagisce automaticamente alle condizioni di guida per rendere l'auto confortevole e reattiva a tutte le velocità. La risposta è così precisa che ti sentirai sempre a contatto con la strada.La Model S spinge in avanti il limite dell'autonomia di percorrenza elettrica. La batteria Model S è disponibile in due versioni, ciascuna permettendo un'autonomia senza precedenti. Le due batterie hanno sono contenute in strutture identiche, integrandosi nell'auto nello stesso modo e fornendo gli stessi vantaggi di gestione, struttura, e aerodinamica. Tutte le batterie utilizzano cellule agli ioni di litio, specifiche per il settore automobilistico, disposte ad ottimizzare la densità energetica, la gestione termica e la sicurezza.La Model S ha di serie tutto quello che serve per ricaricarla dalle più diffuse prese da 220 volt. Puoi usare il touchscreen per creare un programma di ricarica personalizzato, in modo da risparmiare utilizzando l'elettricità nelle fasce orarie al di fuori dei momenti di picco.Autonomia stimata a 90km/h circa e di 480km.

fonte: sito tesla.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 febbraio 2013, 16:12 
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l'ultima vera berlina Alfa Romeo....
Alfa Romeo 75 :love: :love: :love:
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La prima serie (1985-1988)

La commercializzazione fu immediatamente successiva alla presentazione ma, nonostante la strategia volta al contenimento dei costi, i collaudi furono lunghi e molto scrupolosi. I primi prototipi però iniziarono i test quasi del tutto inosservati, "camuffati" utilizzando le scocche dei modelli Giulietta ed Alfetta, nella metà del 1984 iniziano però ad effetturare i test dei prototipi con la nuova scocca e nei primi mesi del 1985 vengono prodotti circa 200 modelli preserie per essere collaudati in diverse tipologie di percorso al fine di ridurre al minimo difetti di giovinezza. Tuttavia la vettura era già di per se più che collaudata; anche nei motori: i 4 cilindri bialbero con alimentazione a 2 carburatori erano i medesimi della Giulietta, come pure il turbodiesel 2 litri della VM Motori. A questa gamma si aggiungeva il V6 Busso di 2492cm³ a iniezione da 158 cv) (lo stesso di Alfa 90 e Alfetta GTV 6). Grazie all'adozione dell'intercooler e all'aumento della pressione di sovralimentazione la versione "2.0 Turbodiesel" aveva 95 CV (anziché 82).

La gamma d'esordio era così articolata:

Alfa 75 1.6 (1570cc, 109 CV)
Alfa 75 1.8 (1779cc, 120 CV)
Alfa 75 2.0 (1962cc, 128 CV)
Alfa 75 2.5i V6 Quadrifoglio Verde (2492cc, 158 CV)
Alfa 75 2.0 TD (1995cc, 95 CV)

Le versioni "1.6", "1.8" e "2.0 TD" costituivano la base della gamma (paraurti monocolore grigio, indicatori di direzione anteriori arancio e dotazione di accessori ridotta) e cerchi da 13", mentre le "2.0" e "2.5i V6 Quadrifoglio Verde" avevano un allestimento più curato (paraurti con fascia centrale in tinta, frecce anteriori bianche, cerchi da 14" e dotazione più completa). Quest'ultima aveva anche un interno dedicato con tessuti e profilatura dei sedili anteriori specifica.

Nel 1986 venne presentata la "1.8 Turbo", spinta da una versione turbocompressa da 155 CV del classico bialbero di 1779 cm³. Prestazioni, carrozzeria e interni erano simili a quelli della "Quadrifoglio Verde". La versione da corsa della "Turbo" partecipò al Campionato Italiano Superturismo. Per celebrare i risultati ottenuti nella competizione, alla fine dello stesso anno, venne prodotta (in soli 500 esemplari) l'Alfa 75 "Turbo Evoluzione", col motore della "Turbo" normale (ma con cilindrata ridotta a 1762 cc) e con carrozzeria molto vistosa (spoiler anteriore, minigonne, cerchi in tinta e strip adesive). Altre varianti della 75 parteciparono a campionati di importanza mondiale, come il DTM o 2 edizioni del WTCC (1987) e l'ITC (1988, 1991).

Nel 1987, per celebrare lo sbarco avvenuto un anno prima con il nome Milano dell'Alfa 75 sul mercato USA, vennero lanciate le Alfa 75 "America", disponibili in due motorizzazioni: "1.8 Turbo" (1779 cm³, 155 CV) e "3.0 V6" (2959 cm³, 188 CV). Le due versioni prendono la denominazione "America" grazie all’adozione della scocca realizzata per la Milano, caratterizzata dagli scudi paraurti ad assorbimento di energia e dal serbatoio carburante in posizione protetta dietro lo schienale del divano posteriore, oltre che di maggiore capacità (70 litri contro i classici 49). Le versioni preserie della "3.0 V6" presentavano i classici profili grigi della carrozzeria in tinta vettura e il terminale di scarico centrale. Successivamente, con l’entrata in produzione, la "3.0" riceve i normali profili grigi e lo scarico a destra del paraurti come la versione turbo. La particolare disposizione del terminale di scarico è dovuta al maggior spazio a disposizione sotto il bagagliaio, data l'assenza del serbatoio, e permette un silenziatore più grosso in luogo di quello doppio per le versioni con silenziatore al centro del paraurti. La caratterizzazione sportiva è completata da nuovi codolini passaruota, nuove minigonne sottoporta, piccolo spoiler sul baule e deflettori aerodinamici sui finestrini anteriori. All’interno una nuova selleria in velluto con inserti in pelle e cuciture rosse, oltre alla nuova strumentazione introdotta con la "Evoluzione". La prima versione rimpiazzava le "Turbo" con carrozzeria normale, mentre la seconda prendeva il posto della "Quadrifoglio Verde". Sempre nel 1987 venne lanciata la "2.0i Twin Spark". Il classico 4 cilindri bialbero 2 litri beneficiò di alimentazione a iniezione, testata a doppia accensione e variatore di fase (conosciuta come VCT). La potenza saliva da 128 a 148 CV. Gli elementi che caratterizzano l’estetica, sono i medesimi delle versioni "America", fatta eccezione per gli scudi paraurti normali.

La seconda serie (1988-1993)

Sul finire del 1988 la 75 subisce un leggero restyling: esteticamente la calandra perde i listelli orizzontali, soppiantati da due prese d'aria a nido d'ape più grandi, mentre i gruppi ottici posteriori diventano completamente rossi, cambia la grafica delle placche identificative posteriori, e tutte le versioni ora ricevono il cofano motore in rilievo (prima elemento distintivo delle versioni più potenti). L’interno delle versioni "1.6", "1.8" e "2.0 TD" ha ora nuovi sedili in velluto e una grafica migliorata e più leggibile del quadro strumenti (bianca su sfondo nero, con illuminazione verde). Una nuova versione del 1.8 alimentato ad iniezione elettronica Bosch Motronic e variatore di fase equipaggia la "1.8 IE", che affianca brevemente nei listini la "1.8 a carburatori". La potenza del bialbero 1779cc è invariata, ma l’iniezione elettronica ed il variatore di fase, le conferiscono notevole regolarità di funzionamento e contenimento dei consumi. Sarà una vettura molto apprezzata dalla clientela. All'esterno si caratterizza per l’adozione del piccolo spoiler sul baule e per i deflettori aerodinamici sui finestrini. Come successo 6 anni prima con l'Alfetta, un motore di cubatura maggiore affianca la "2.0 TD"; si tratta del 4 cilindri 2393 cm³ da 112 CV (sempre prodotto dalla VM Motori). La notevole coppia motrice sviluppata dal propulsore induce l'Alfa Romeo all’adozione di una frizione bi-disco. La "2.4 TD" offre gli allestimenti esterni ed interni della versione "Twin Spark".

Nel 1989 cambiò la disposizione delle scritte posteriori, e ci furono alcune migliorie nella disposizione dei comandi secondari sul quadro strumenti. Anche la versione "1.6" viene dotata del sistema di iniezione elettronica Bosch Motronic e variatore di fase. Nella primavera del 1990 vengono presentate l'Alfa 75 "Turbo Quadrifoglio Verde" da 165 CV e la 75 "3.0 V6 Quadrifoglio Verde" potenziata da 192 CV, caratterizzate da nuovi interni in velluto spigato. La versione "Quadrifoglio Verde" è l’unica della serie "Turbo" ad avere il servosterzo di serie, prima non presente nemmeno opzionale. Sono disponibili a richiesta le versioni catalizzate "2.0 Twin Spark Europa" e "3.0 V6 Europa".

La gamma 1990 comprendeva:

Alfa 75 1.6
Alfa 75 1.6 i.e.
Alfa 75 1.8 i.e.
Alfa 75 2.0i Twin Spark
Alfa 75 Europa 2.0i Twin Spark cat Europa
Alfa 75 1.8i Turbo Quadrifoglio Verde
Alfa 75 3.0i V6 Quadrifoglio Verde
Alfa 75 3.0i cat V6 Quadrifoglio Verde Europa
Alfa 75 2.0 Turbodiesel
Alfa 75 2.4 Turbodiesel

Nel 1991, alla fine della produzione ufficiale, l'Alfa Romeo mise in vendita due allestimenti speciali numerati A.S.N. (rispettivamente 3500 della "2.0i Twin Spark" e 1000 della "1.8 Turbo") con sedili Recaro, volante e pomello del cambio in pelle, specchietti in tinta, cerchi in lega speciali, colori grigio chiaro, rosso Alfa, bianco, nero e nero metallizzato e targhetta d'argento del numero della serie speciale sulla plancia.

All'inizio del 1992, col debutto della nuova 155, la gamma dell'Alfa 75 venne ridotta alle sole versioni "1.6 cat Europa" e "2.0 TD", unificate nell'allestimento sia esterno che interno (paraurti e specchi retrovisori in tinta, e spoiler posteriore ed interni uguali alla "Twin Spark"). Restò a listino fino ai primi mesi del 1993.

È da segnalare però che in alcuni mercati la commercializzazione delle Alfa 75 "1.6" e "1.8" in versione catalizzata continuò fino al 1994 in quanto la clientela continuava ad apprezzare questo modello piuttosto che la 155: questo perché la nuova berlina fu realizzata eccessivamente in fretta, sul pianale della Fiat Tipo utilizzato anche per la Fiat Tempra e la Lancia Dedra, adottando la trazione anteriore e disponendo di una meccanica di marcata derivazione Fiat, che deluse gli alfisti più puri; infatti l'Alfa 75 fu l'ultima Alfa Romeo ad avere trazione posteriore e motore longitudinale.

L'Alfa 75 è stata largamente utilizzata dall'Arma dei Carabinieri come gazzella, dalla Polizia di Stato come pantera, dalla Polizia Penitenziaria, dalla Guardia di Finanza oltre che, seppur più sporadicamente, da vari corpi di Polizia Locale e infine da alcuni comandi dei Vigili del Fuoco.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 febbraio 2013, 16:39 
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la 75 era una vera alfa....peccato per il cambio che si disrtuggeva a 40.000km......


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 febbraio 2013, 16:44 
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sì però sopratutto il V6 quando spalancavi l'acceleratore il rumore ti faceva dimenticare i problemi....

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 febbraio 2013, 16:49 
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io ho avuto la 1.8 turbo america,effettivamente il rumore era spettacolare.....da vera alfa....


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 6 febbraio 2013, 10:54 
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All'inizio del 2009, la Casa del "double-chevron" comunicò alla stampa di voler resuscitare due storiche lettere: DS. Per un comprensibile equivoco, i media diedero per scontato che la Citroën avesse in mente di lanciare in produzione un'ammiraglia remake della famosa Citroën DS. In realtà l'intenzione era di utilizzare le lettere DS per una nuova linea di modelli più raffinati, in grado di confrontarsi ad armi pari con le piccole "premium" che tanto successo stavano ottenendo alla fine del decennio: vale a dire la Mini (rivisitata nel 2001), la nuova Fiat 500 e l'ultima arrivata, la MiTo. Ben presto venne alla luce una concept che avrebbe prefigurato il primo dei modelli della linea DS. Tale concept-car era denominata DS Inside. Di fatto, la sigla DS non significa Desirée Spéciale, come fu per la DS di oltre 50 anni prima, ma Different Spirit, e sottolinea piuttosto, come appare chiaro, la differente tendenza della nuova linea di modelli a competere con altre fette di mercato e mirando ad una clientela più attenta ed esigente.
La stessa filosofia progettuale della DS3 viene definita come anti-retrò, per evidenziare ulteriormente il fatto che la vettura richiami la sigla DS solo per un motivo commerciale, ma che di retrò non ha, di fatto, assolutamente nulla.
Si seppe subito che il nuovo modello direttamente derivato dalla concept DS Inside sarebbe stato battezzato DS3, dove il numero 3 tradiva la parentela tecnica con la nuova C3 Mk2, con cui veniva condiviso il pianale.La DS3 viene presentata nel mese di agosto del 2009 in occasione dei festeggiamenti per i 90 anni della Casa francese. Il debutto internazionale avvenne al Salone dell'automobile di Francoforte, un mese dopo, dove la vettura riscosse una buona impressione sul pubblico.
Caratterizzata da forme compatte, tondeggianti, eppure non banali, né fumettistiche, la DS3 possiede un look aggressivo, specie nelle sue versioni più sportive.Il frontale tradisce la sua parentela con la C3, basta osservare i fari che si armonizzano con la "bocca" frontale ai lati della quale si aprono due lunghe feritoie verticali che ospitano altrettante caratteristiche file di luci a led. Accanto a queste vi sono anche gli alloggiamenti per i fendinebbia.
Altrettanto particolare è anche la fiancata, caratterizzata dalla strana "pinna" che spunta in corrispondenza del montante centrale e dai cerchi in lega, nelle misure da 15 pollici per le versioni di base, da 16 pollici per le versioni di mezza gamma e da 17 pollici, di serie solo nelle versioni più ricche e sportiveggianti.
La coda fa sfoggio di fari dal design particolare, intonati con il resto delle caratteristiche della vettura, e, nelle versioni più spinte, anche di un terminale di scarico sdoppiato.
Lo sguardo cade anche sul tetto, verniciato in tinta differenziata (un altro guanto di sfida lanciato alla Mini), e comunque personalizzabile come quasi tutto il resto dell'auto. Infatti, la DS3 può contare anche su una lunga lista di particolari che il cliente può scegliere a suo piacimento in fase di acquisto. Oltre ai 38 colori disponibili, si può scegliere anche la tinta del tetto oppure i kit di disegni adesivi da applicare su di esso, il colore delle calotte degli specchietti, le chiavi di accensione, e così via.
Anche l'abitacolo evidenzia una grande cura e raffinatezza, ma anche alcune soluzioni particolari, come il cruscotto a tre strumenti circolari raggruppati tra loro. I sedili anteriori sono profilati come si conviene ad una vettura di questo genere. Spicca inoltre lo schermo sulla consolle centrale, quest'ultima ricoperta da un pannello personalizzabile nella tinta. Anche gli interni quindi offrono la possibilità di crearsi un ambiente "su misura", grazie anche ad altri elementi come il pomello del cambio, le maniglie, i tappetini e le bocchette d'aerazione. Il bagagliaio è piuttosto capiente, specie per una vettura di tale segmento di mercato. La dotazione interna di sicurezza passiva prevede gli ormai immancabili airbag, che qui sono sei, le cinture di sicurezza a tre punti e gli attacchi Isofix sui sedili posteriori.
Come già detto, la DS3 nasce sullo stesso pianale della C3 seconda serie, che è quindi anche lo stesso della 207 e della C3 Picasso. L'avantreno è a schema pseudo-MacPherson e il retrotreno è a traverse deformabili, mentre l'impianto frenante prevede dischi all'avantreno. Il retrotreno, invece, può montare tamburi nelle versioni più economiche, mentre la maggior parte della gamma monterà comunque i dischi. Sempre per quanto riguarda le soluzioni telaistiche volte alla sicurezza ed al mantenimento della stabilità su strada, la DS3 è provvista anche di ABS, ESP e ripartitore elettronico di frenata.
Il cambio può essere manuale a 5 marce nelle versioni di base e sempre manuale, ma a 6 marce nelle altre versioni. In opzione, però è possibile avere un cambio automatico a 4 rapporti.
La DS3 è disponibile con tre motorizzazioni a benzina e tre a gasolio. Le prime sono i tre classici motori Prince: 1.4 VTi da 95 CV, 1.6 VTi da 120 CV e 1.6 Turbo THP 155 CV: quanto alle motorizzazioni diesel, queste sono gli altrettanto classici motori della serie DV condivisi anche da alcuni modelli del gruppo Ford e cioè: 1.4 HDi da 71 CV, 1.6 HDi da 92 CV e 1.6 HDi da 112 CV tutte con FAP.
Gli allestimenti previsti per la DS3 sono quattro: quello di base prende il nome di Chic ed è abbinato ai due motori 1.4 a benzina e a gasolio. L'allestimento immediatamente superiore è il So Chic, ed è previsto per il 1.6 aspirato a benzina ed il 1.6 HDi da 92 CV. Segue poi l'allestimento So Chic 99. previsto unicamente per il 1.6 HDi da 92 CV, mentre al top si trova l'allestimento Sport Chic, previsto per il 1.6 THP da 155 CV e per il 1.6 HDi da 112 CV.
L'equipaggiamento di serie prevede per tutta la gamma: doppio airbag per conducente e passeggero (con funzione di disattivazione dell'airbag passeggero in caso di sedile non occupato), airbag testa, controllo elettronico di stabilità e di trazione, computer di bordo, regolatore di velocità, fendinebbia, impianto Hi-Fi con comandi al volante, volante regolabile in altezza e profondità.
Poco tempo dopo la presentazione ufficiale della DS3, il cui lancio in Italia è avvenuto il 21 marzo 2010, è stata svelata quella che sarà, seppur per breve tempo, la versione di punta della gamma: la DS3 Racing. Questo modello monta il 1.6 THP turbo da 207 CV, quasi lo stesso che più avanti verrà utilizzato sulla Peugeot RCZ (ne differisce per le diverse caratteristiche nella distribuzione). Questa versione, riconoscibile dalla vistosa carrozzeria con cerchi in lega da 18 pollici verniciati e dal disegno più aggressivo, viene commercializzata a partire dal novembre dello stesso anno in tiratura limitata di soli 1000 esemplari. Oltre ai cerchi, questa vettura sfoggia anche particolari in carbonio ed un estrattore posteriore. Anche l'assetto è stato rivisto, perché ribassato ed irrigidito. In generale, l'intera messa a punto di questo modello è avvenuta con la collaborazione del team rallystico cinque volte campione del mondo costruttori World Rally Championship. E proprio questa vettura, dal 2011, è utilizzata dal double chevron in tale campionato, ma con il 1.6 potenziato a 300 cavalli.
Nell'autunno del 2011 viene introdotta la DS3 1.4 GPL, prima DS3 con motore bi-fuel, in questo caso con alimentazione benzina/GPL. Più o meno nello stesso periodo, la 1.6 HDi da 92 CV viene sostituita dalla 1.6 e-HDi di pari potenza. Tale motorizzazione integra la tecnologia microibrida, cioè con sistema Start & Stop di nuova generazione. Analogamente si ha l'arrivo del 1.6 e-HDi da 112 CV che affianca (ma non sostituisce, almeno inizialmente) la 1.6 HDi di pari potenza.
Nel 2012 si ha anche l'introduzione del ricchissimo allestimento Ultra Prestige, già presentato a Francoforte e caratterizzato dalla presenza di sedili e plancia rivestiti in pelle bianca, strumentazione di color bianco, specchietti retrovisori esterni cromati e cerchi da 17 pollici dal disegno specifico. La dotazione di serie include il navigatore satellitare, il bracciolo centrale, i fari ad accensione automatica, il sensore pioggia, il sensore posteriore di parcheggio ed i sedili riscaldabili. Tale allestimento è previsto in abbinamento ai due motori 1.6 e-HDi ed al 1.6 THP da 156 CV. Un'altra novità del 2012 è l'arrivo della DS3 1.4 e-HDi, tecnologicamente analoga alle 1.6 e-HDi, ma basata sul motore 1.4 DV da 68 CV. Il 29 settembre dello stesso anno, al Salone di Parigi, fa il suo debutto la DS3 Cabrio, versione "scoperta" della piccola francese, che per la verità sarebbe più appropriato classificare come trasformabile, dal momento che in configurazione aperta vengono mantenuti intatti i montanti delle portiere e dei finestrini. Questo nuovo modello va a raccogliere il testimone della C3 Pluriel, oramai non più in listino da diverso tempo, e lo fa con una vettura caratterizzata da alcune soluzioni particolari, come la possibilità di aprire e chiudere la capote fino ad una velocità di 120 Km/h, oppure l'abitacolo, progettato per offrire in ogni caso spazio a 5 persone. Anche il bagagliaio è stato pensato per ottimizzare la capacità. Sotto questi tre aspetti, la DS3 Cabrio va a porsi come la migliore nella sua nicchia di mercato. Tornando alla capote in tela, essa può essere ordinata in tre colori differenti e può essere aperta in tre modalità a seconda dei gusti e delle esigenze del proprietario. L'apertura totale della capote richiede 16 secondi e l'azionamento è elettrico. Il passaggio da berlina 2 volumi a cabrio, che di solito richiede un irrigidimento notevole della scocca con conseguente aumento della massa, nel caso della DS3 Cabrio è stato ottenuto con solo 25 kg di peso in più. Le motorizzazioni previste per la cabrio sono più o meno le stesse della berlina, ma la commercializzazione effettiva del modello non è stata avviata in concomitanza con la presentazione, ma solo alla fine del 2012, quando ha cominciato ad apparire nei listini. I motori previsti sono il 1.6 e-HDi da 92 CV, il 1.6 a benzina da 120 CV, il 1.6 THP da 156 CV e, novità importante alla base della gamma, il nuovo tricilindrico EB2 da 1.2 litri con 82 CV di potenza massima. Tale nuova unità motrice, già montata sulla Peugeot 208, fa contemporaneamente il suo debutto anche sulla DS3 con carrozzeria chiusa e sulla C3.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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questa la conosco bene e tra un po' la conoscerò meglio..... XD

Peugeot 205 T16
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Nel 1984, nell'ambito del Campionato del Mondo Rally Gruppo B debutta la 205 Turbo 16, una vettura prototipo con telaio a traliccio tubolare, motore posteriore trasversale sovralimentato, dotata di trazione integrale, un peso contenuto in 960 kg la cui carrozzeria per scopi di marketing richiama molto da vicino quella delle normali 205 di serie. Nella stagione del debutto, il suo motore 4 cilindri in linea di 1.775 cm³ sovralimentato dispone di 350 CV, con essa il pilota Ari Vatanen coglie 3 vittorie iridate, dimostrando che la T16 è una seria rivale dell'Audi quattro, sino ad allora dominatrice della categoria.

Già nelle prime prove del mondiale rally 1985, la 205 T16 si rivela l'auto da battere: il peso minore, l'elevata potenza del propulsore e la buona maneggevolezza, le permettono di essere più competitiva delle Audi e delle Lancia; durante la stagione la squadra introduce anche la versione Evolution 2, dotata di vistose appendici aerodinamiche e spoiler per garantire maggiore trazione, oltre che di un motore più potente, capace di 450 CV. La Peugeot vince 7 prove mondiali, conquista il suo primo titolo costruttori e il suo pilota Timo Salonen diventa campione del mondo.

Nel 1986 il campionato mondiale rally è caratterizzato dalla forte rivalità fra Peugeot e Lancia, che schiera la nuova ed estremamente competitiva Delta S4, la Peugeot dal canto suo introduce un motore ancora più potente, in grado di toccare i 560 CV. La stagione è segnata anche da tragici incidenti mortali che coinvolgono i piloti Lancia; inoltre alcuni risultati agonistici non vengono convalidati dalla FIA per ricorsi sportivi. Il campionato viene vinto nuovamente da Peugeot e il pilota Juha Kankkunen si laurea campione.
Peugeot 205 T16 Grand Raid

Per motivi di sicurezza la FIA decise di sopprimere la categoria Gruppo B a partire dal 1987, per cui la 205 T16 non poté più gareggiare nei rally, il team Peugeot Talbot Sport si dedicò allora ai Rally-Raid allestendo una versione a passo lungo (circa 40 cm in più) della 205 T16 denominata Grand Raid, modifica necessaria per stivare i grandi serbatoi della benzina e rendere più stabile la vettura; il nuovo impegno sportivo fruttò alla Peugeot la vittoria della Parigi-Dakar nel 1987 con Ari Vatanen e nel 1988 con Juha Kankkunen.

Sempre nel 1987, il team Peugeot Talbot Sport si cimenta per la prima volta nella Pikes Peak, classica cronoscalata che si disputa in Colorado, per l'occasione vennero schierate 3 vetture per meglio contrastare l'Audi Sport quattro S1 di Walter Röhrl. Le 205 T16 spinte da un motore capace di sviluppare 600 CV e dotate di enormi alettoni per garantire una buona aderenza, si piazzarono al 2º, 3º e 4º posto dietro alla vincente Audi.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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gifa63 ha scritto:
Hei tra tutti questi bolidi da sogno ci stiamo dimenticando di un'ato che ha fatto storia in Italia e nn solo.
Mi riferisco alla mitica FIAT 500 che ci ha accompagnato dal 1957 al 1975.

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Motore posteriore raffredato ad aria, trazione posteriore e il mitico avviamento a leva e il tettino apribile in tela nei modelli super accessoriati.

Ne fu prodotta anche la versione Abarth
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Altro che l'elettronica dei giorni nostri :haha:

Ne furono vendute 4.250.000 esemplari. (fonte wikipedia)



guardate che c'era oggi parcheggiato nel vicolo vicino al ristorante....


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wow!!!! :8D:

io questa estato ho visto una 600 abarth come questa tenuta maniacalmente sembrava appena uscita di fabbrica...
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...purtroppo non ho avuto la prontezza di farle una foto.... :(

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 6 febbraio 2013, 17:29 
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a pochi Km da casa mia c'è un officina che ha una 600 come quella....

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Mercedes-Benz 300 SL "Ali di gabbiano" (W198 I)



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La Mercedes-Benz 300 SL è contraddistinta da raffinate soluzioni tecniche, oltre che per una linea esteriore che ha affascinato intere generazioni di appassionati, con essa la Daimler-Benz riaffermò il proprio prestigio in quei settori che l'avevano resa celebre nel periodo pre-bellico, ossia la classe e l'eleganza delle sue vetture, ma anche il loro peso nelle competizioni sportive.
Un altro fattore che dà molta importanza alla 300 SL è il fatto che si tratta della capostipite di tutta una serie di vetture sportive di lusso contrassegnate dalla sigla SL, una sigla ancora utilizzata ai giorni nostri e che sta per Sport Leicht, ossia Sport Leggera.
La storia della 300 SL affonda le sue radici al momento in cui, nel 1949, alla Daimler-Benz viene concesso nuovamente di tornare a produrre automobili. Fino a quel momento non le era stato permesso dalle autorità alleate che occupavano e si spartivano il territorio tedesco dopo la fine della seconda guerra mondiale. L'unica eccezione era costituita dalla gamma W136, il cui progetto risaliva agli anni trenta.
Una delle priorità che la Daimler-Benz si prefissò fu quello di tornare a vincere nelle gare di automobilismo di tutto il mondo. Doveva essere quindi progettata e realizzata una vettura in grado di adempiere a tale scopo, tenendo presente che le risorse economiche non erano ancora sufficienti per sviluppare una vettura ex novo, appositamente per le competizioni. Bisognava quindi arrangiarsi con ciò che già si aveva a disposizione. È il 27 marzo 1950. Del progetto fu incaricato Rudolf Uhlenhaut, brillante progettista della Casa tedesca, che in un tempo relativamente breve realizzò la 300 SL da corsa, mossa dal motore 6 cilindri in linea di 3 litri M194, anch'esso non nuovo, ma derivato a sua volta dal 3 litri M186 montato sulle grosse berline Typ 300. Sempre dalla produzione di serie vennero presi anche il cambio e le sospensioni. Tale vettura avrebbe poi vinto praticamente tutte le corse a cui partecipò (eccezion fatta per la Mille Miglia del 1952, vinta da una Ferrari 250S). La caratteristica maggiormente visibile di tale vettura stava nel telaio a traliccio di tubi, una soluzione leggera e dotata di una notevole rigidità, sconosciuta all'epoca. Tale struttura, molto ingombrante lungo le fiancate, specie all'altezza delle portiere, costrinse i progettisti ad ideare delle portiere incernierate sul tetto anziché sul parafango. Questa soluzione ebbe un grande effetto scenico, molto gradevole anche a giorni nostri.
Fu a quel punto che entrò in scena un altro personaggio molto particolare, un certo Max Hoffmann, importatore di auto europee negli Stati Uniti, il quale propose alla Casa tedesca di realizzare in serie una versione della 300 SL da gara, debitamente modificata laddove era necessario per l'omologazione stradale, e con qualche raffinatezza in più. Hoffmann si impegnò personalmente ad acquistare 1000 esemplari della vettura stradale finita, garantendo risultati in termini di vendite. Stava ripetendosi un po' la stessa cosa accaduta nel 1900, quando un certo Emil Jellinek ordinò 36 vetture prodotte dalla DMG su sue specifiche.
Per il motore si scelse di utilizzare una soluzione all'avanguardia, rappresentata dall'alimentazione ad iniezione diretta, in un periodo in cui tutte le auto a benzina erano a carburatore. La base rimaneva la consueta da 3 litri, ma le prestazioni subirono un deciso incremento. Inoltre, della parte estetica, vennero incaricati Karl Wilfert e Friedrich Geiger, quest'ultimo già autore, prima della guerra, delle splendide carrozzerie delle 500K e 540K. Dopo aver realizzato alcuni prototipi non definitivi, i due riuscirono a disegnare un corpo vettura molto gradevole, caratterizzato da elementi che ne avrebbero reso celebre il design, molte delle cui soluzioni stilistiche sarebbero state imitate e riprese da altre Case automobilistiche nei decenni successivi.
La 300 SL coupé, denominata Ali di gabbiano per la caratteristica apertura delle due portiere incernierate sopra il tetto, ereditò quindi il telaio a traliccio di tubi dalla "sorella" da gara. La vettura venne presentata il 6 febbraio 1954 al Salone di New York.
Il telaio a traliccio di tubi utilizzato per la 300 SL era una soluzione molto all'avanguardia nel 1954, quando la vettura debuttò. Tale soluzione consentiva una elevata rigidità torsionale, pur mantenendo un peso ridotto. La gabbia tubolare, con il suo sviluppo assai pronunciato lungo le fiancate, fu la causa che portò i progettisti ad ideare le famose portiere ad ala di gabbiano.
Questo telaio è stato in seguito "vestito" da una splendida carrozzeria coupé che ancor oggi suscita grande ammirazione. Il frontale, tipicamente Mercedes-Benz, appare però già più moderno rispetto al resto della produzione. Del resto, il corpo vettura è imparentato con la 300 SL da gara, rispetto alla quale si differenzia però per il cofano più lungo, il muso dal look più deciso, i caratteristici "baffi" sui passaruota e le prese d'aria sui parafanghi anteriori. Anche la coda, che apparentemente era la parte meno coinvolta nel restyling, è stata invece ridisegnata per conferire maggior dinamismo alla vista d'insieme della vettura. Alcune caratteristiche stilistiche utilizzate sulla 300SL sarebbero state rispolverate decenni dopo dalla stessa Mercedes-Benz per alcuni suoi nuovi modelli, come le due nervature longitudinali sul cofano anteriore, che vennero riprese nel 1997 anche sulla SLK prima serie.
La carrozzeria è in lamiera d'acciaio, ma ne furono realizzati anche 29 esemplari con carrozzeria in alluminio e destinati alle competizioni, che per la 300 SL W198 erano riservate solo a piloti privati. Inoltre è esistito anche un esemplare con carrozzeria in vetroresina.
Dal punto di vista motoristico, la 300 SL Ali di gabbiano montava il propulsore 6 cilindri in linea di 3 litri di cilindrataM198, derivato da quello della Typ 300, seppur indirettamente. Tale motore è stato il primo ad utilizzare l'alimentazione ad iniezione su una vettura stradale. L'impianto di iniezione meccanica, in questo caso di tipo diretto, venne sviluppato in collaborazione con la Bosch.
L'idea di questo nuovo tipo di alimentazione venne suggerita da Hans Scherenberg, brillante ingegnere già in forze presso la Daimler-Benz Avio, cioè la sezione aeronautica della Daimler-Benz. Scherenberg aveva infatti utilizzato l'alimentazione ad iniezione sugli aerei utilizzati nella Seconda guerra mondiale. In realtà tale motore doveva essere utilizzato già su una versione evoluta della 300 SL da gara, la W194. Ma il progetto non andò mai in porto ed il nuovo motore, destinato inizialmente ad un nulla di fatto, colse l'occasione dell'ordine di Hoffmann per essere montato sulla 300 SL stradale. Il motore M198 erogava fino a 215 CV di potenza massima e garantiva prestazioni al vertice assoluto nella produzione automobilistica mondiale dell'epoca.
Per quanto riguardava la trasmissione, questa si avvaleva di un cambio sincronizzato a 4 marce con frizione monodisco a secco ed un differenziale autobloccante ZF.
Le sospensioni erano a ruote indipendenti: l'avantreno era a quadrilateri e barra stabilizzatrice, mentre il retrotreno era a semiassi oscillanti con articolazione unica e bracci longitudinali. Quest'ultima soluzione, che ha caratterizzato la produzione di tutte le 300 SL con carrozzeria coupé, si rivelò poco adatta ad una vettura sportiva del suo rango e venne sostituita dal 1957 con l'arrivo della roadster. Su entrambi gli assi vennero montate anche molle elicoidali ed ammortizzatori idraulici.
L'impianto frenante era a quattro tamburi alettati ed in lega di alluminio, con circuito idraulico e servofreno. Completa il quadro tecnico lo sterzo a circolazione di sfere.
Le prestazioni della 300 SL erano notevoli per l'epoca: la velocità massima era compresa tra i 220 ed i 258 Km/h, a seconda del rapporto al ponte, che era possibile scegliere tra cinque diverse varianti. A metà degli anni cinquanta, tale caratteristica era prerogativa solo di auto da competizione e mai era successo di poterle avere in una vettura stradale. E infatti, sia pure per breve tempo, la 300 SL Ali di gabbiano poté vantare il record di automobile di serie più veloce al mondo. Riguardo l'accelerazione, la vettura raggiungeva da ferma i 100 Km/h in 10 secondi. Per quanto riguardava i consumi, la 300 SL coupé percorreva mediamente 100 Km con 17 litri di carburante. Spingendo forte, il fabbisogno arrivava a 19 litri, ma con un'andatura tranquilla si poteva anche scendere a 12 litri.
La particolare struttura fisica del corpo vettura della 300 SL obbliga chi sale a bordo a scavalcare letteralmente la soglia d'accesso all'abitacolo, decisamente molto alta a causa dell'ingombro notevole del telaio tubolare lungo le fiancate. Una volta entrati bisognava lasciarsi ricadere sul sedile. Insomma, bisognava avere una certa predisposizione fisica, fatto che poteva avere ripercussioni sulle vendite della vettura, secondo la Casa tedesca. Inoltre, fu ancora Max Hoffmann a far notare ai vertici Daimler-Benz come una simile modalità di accesso all'abitacolo potesse risultare scomodo per una signora che avesse indossato una gonna. Fu per questo che nel 1957 la 300 SL Ali di gabbiano venne tolta di produzione e sostituita dalla corrispondente versione roadster.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 febbraio 2013, 13:48 
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in questa gallery c'è qualche chicca e pure qualche citrona...
http://www.motori24.ilsole24ore.com/Med ... allery.php


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 febbraio 2013, 15:28 
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BMW M1
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Per arginare lo strapotere della Porsche nelle competizioni GT la Casa bavarese decise di mettere in cantiere una nuova supersportiva a motore centrale in grado di dare filo da torcere ai rivali di Stoccarda.

Il compito di progettare il motore, un 6 cilindri in linea come da tradizione, venne affidato alla neonata divisione Motorsport, mentre il design della carrozzeria, in fibra di vetro, fu affidato a Giorgetto Giugiaro. Caratterizzata da un'impostazione degna di un'auto da corsa (motore centrale longitudinale, telaio a traliccio tubolare con rinforzi in lamiera, sospensioni a 4 ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, freni a disco davanti e dietro, la M1 era spinta dal bialbero S32B35 a 24 valvole da 3453 cm³. Alimentato a iniezione, questo propulsore, in grado di erogare sulla versione stradale una potenza massima di 277 CV a 6500 giri/min, aveva caratteristiche decisamente sportive, come la disposizione centrale longitudinale del motore e la lubrificazione a carter secco. Sportivo anche il cambio manuale a 5 marce, coadiuvato nello scaricare al suolo i tanti cavalli da un differenziale autobloccante al 40%. Pure le prestazioni erano da gran sportiva di razza: la M1 raggiungeva infatti i 262 Km/h di velocità massima, coprendo lo scatto da 0 a 100 Km/h in soli 5"6.

Anche il corpo vettura era quella della classica berlinetta ad alte prestazioni. Il sottile profilo a cuneo con muso assai appuntito, l'abitacolo a due posti, il baricentro molto basso, e l'altrettanto ridotta altezza dello stesso corpo vettura la facevano assomigliare non tanto ad una Porsche, quanto ad una Ferrari o ad una Maserati. Ed infatti, la M1 poteva benissimo rivelarsi un'alternativa da palati fini alle classiche Ferrari 308 o anche alle Maserati Merak, nonché alle inglesi Lotus Esprit, da sempre un classico.

La vettura venne presentata al Salone dell'Automobile di Parigi del 1978 come vettura dalle mire schiettamente agonistiche, più che stradali, ma il contestuale cambiamento del regolamento FIA, che elevò a 400 il numero di esemplari da produrre per ottenere l'omologazione nel Gruppo 5, costrinse la BMW a cercare nuovi partner per raggiungere la capacità produttiva richiesta.
Scartata la possibilità di far assemblare la M1 alla Lamborghini in crisi finanziaria, la Casa di Monaco di Baviera optò per una soluzione che coinvolgesse più fornitori: la realizzazione della carrozzeria in fibra di vetro venne affidata ad una società specializzata di Modena, mentre la Baur s'occupava degli interni e di alcune parti meccaniche. L'assemblaggio avveniva all'Italdesign di Giugiaro. Naturalmente motore, sospensioni e organi meccanici principali arrivavano dalla BMW Motorsport. Grazie a questo collage tra il 1979 ed il 1980 fu possibile realizzare 456 esemplari di M1 (400 stradali e 56 da corsa).

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XMarC ha scritto:
l'ultima vera berlina Alfa Romeo....
Alfa Romeo 75 :love: :love: :love:



Su di una Alfa 75 a carburatori ho imparato a guidare... Con tutti i suoi difetti rimane indimenticabile...

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Mitsubishi Lancer Evo 6



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La Mitsubishi Lancer Evolution, nota anche come Lancer Evo o semplicemente Evo, è la versione corsaiola della Mitsubishi Lancer prodotta dal 1992 dalla Mitsubishi Motors Corporation. Ne sono state prodotte ben dieci versioni, e la designazione numerica è data da un numero romano. I modelli Evolution fino al V erano la base della vettura da rally con la quale Mitsubishi correva nel Gruppo A del WRC. Proprio per adattarsi ai regolamenti vigenti, la versione da rally preparata dalla Ralliart, era basata sulla stradale, anche se in realtà la scocca era l'unica cosa che le accomunava.
Originalmente, la Lancer Evolution doveva essere venduta solo per il mercato interno giapponese, solo successivamente (a partire dalle versioni V e VI) venne esportata nei mercati esteri europei, dato anche il buon numero di vetture che venivano importate da questi mercati. Con la Evo VIII, il mercato della Lancer si espanse anche negli USA, dove poco tempo prima era giunta la rivale Impreza con la versione WRX STi.
Le Lancer Evolution furono decisamente competitive nel mondiale Rally, tanto da vincere 1 titolo Costruttori (1998) e 4 titoli piloti (1996-1999) grazie anche alla destrezza al volante di Tommi Makinen. Successivamente sono state sostituite nel WRC dai prototipi WRC04 e WRC05, senza peraltro ottenere successi di rilievo. Tuttavia, Lancer gareggia ancora nei campionati Gruppo N nazionali e internazionali.
Nella Evo VI, i maggiori cambiamenti furono focalizzati sul raffreddamento e la durata del motore. Ricevette un intercooler di maggiori dimensioni, un dispositivo di raffreddamento dell'olio più grande e dei nuovi pistoni. Nella RS per la prima volta in una macchina di grande serie, il turbocompressore era costituito di una lega di titanio e alluminio. Anche l'estetica esterna fu variata leggermente: i grandi fendinebbia della Evo V furono ridotti di dimensioni e spostati più all'esterno per aumentare la bocca dell'intercooler. Ai due già esistenti, fu affiancato un nuovo modello, l'RS2, che altro non era un RS con qualche optional della GSR. Con la Evo VI vi furono diverse edizioni limitate: la RS Sprint, che era potenziata da Ralliart per il mercato Inglese, che si caratterizzava per un minor peso e una maggiore potenza (330 CV), e la conosciuta Lancer Evo VI Tommi Makinen Edition (T.M.E) Fu costruita nel 1999 in onore del pilota finlandese Tommi Makinen, e per festeggiare l'avvenuta conquista del quarto titolo piloti rally consecutivo. Era caratterizzata da un diverso paraurti anteriori, sedili Recaro neri e rossi con il logo Tommi Makinen impresso, cerchi da 17" bianchi dedicati da Enkei, un volante della Momo in pelle, un turbocompressore in titanio che permetteva una salita di giri più veloce. Diverse erano anche la taratura delle sospensioni e il materiale in cui erano costruite, queste erano definite "Tarmac". Cambiava anche il gruppo differenziali che erano più simili a quelli presenti sulla Evo 7. Il colore era il rosso con diverse livree che percorrevano la fiancata, ma si trovano anche Evo 6 T.M.E. di altri colori come nero o grigio. A causa delle diverse specifiche tecniche, questa Evo era anche chiamata Evo 6.5.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 8 febbraio 2013, 15:46 
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LANCIA STRATOS

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La "Stratos Zero", presentata allora come "Prototipo Zero" era una dream car esposta per la prima volta come prototipo al Salone dell'automobile di Torino del 1970 dalla carrozzeria Bertone; fu presentata come progetto di autovettura sportiva a motore centrale (era quello di una Lancia Fulvia recuperato in una demolizione), di concezione avveniristica per quei tempi. Il design, per quanto non ancora definitivo, dovuto a Marcello Gandini (lo stesso che disegnò auto prestigiose come la Fiat X1/9, la Lamborghini Miura, la Lamborghini Countach), suscitò subito grande interesse da parte dei vertici della squadra corse della Lancia, guidata da Cesare Fiorio, in cerca della sostituta della Lancia Fulvia nei rally. Per questo motivo nacque la Stratos HF (sta per High Fidelity), la prima automobile di serie specificamente progettata per i rally.

Nella versione definitiva, sia il motore che la trasmissione erano quelli della Ferrari Dino 246, i quali, abbinati a un telaio monoscocca centrale in acciaio, resero la Stratos un'automobile sportiva molto competitiva. La lenta attività di produzione nello stabilimento Bertone di Grugliasco costrinse la Stratos a gareggiare come Gruppo 5 finché non venne raggiunta la quantità di esemplari prodotti richiesta per l'omologazione in Gruppo 4. In merito, nella dichiarazione a firma di Fiorio, si afferma che al 23 luglio del 1974 ne siano stati costruiti oltre 500 esemplari (515 per la precisione). La veridicità di tale affermazione è stata messa in dubbio da molti; d'altra parte, 17 mesi dopo la soglia minima venne abbassata a 400 esemplari, rendendo così inutile ogni polemica. Conclusa comunque la prima produzione in serie, venne schierata in gara nei rally nell'allora Gruppo 4 e fu per anni la vettura più competitiva: nelle stagioni 1974, 1975 e 1976 diventò Campione del Mondo Rally; ebbe inoltre molti altri successi di prestigio a livello europeo e nei singoli campionati nazionali tra i quali, ovviamente, quello Italiano.
L'esordio in gara avvenne nel 1972 al Tour de Corse, dove fu affidata al pilota Sandro Munari, il quale dovette ritirarsi per la rottura delle sospensioni posteriori. Ottenne il suo primo successo l'8 settembre del 1973 al Rally Firestone di Spagna con Munari e Mario Mannucci. Ad oggi gli unici rally mondiali che mancano nel palmares della Stratos sono il Rally RAC e il Safari Rally.

Nonostante la Stratos continuasse a essere un'automobile vincente, senza rivali di rilievo, il gruppo Fiat smise di utilizzarla come vettura ufficiale nel Mondiale Rally nel 1977 per rimpiazzarla con la Fiat 131 Abarth Rally: una scelta evidentemente commerciale per promuovere l'immagine del nuovo modello di Mirafiori per le famiglie. La Stratos comunque continuò a gareggiare e a vincere, anche se non più con la livrea ufficiale (anche se non è mai stata schierata con una livrea ufficiale Lancia, ma sempre con i colori di sponsor privati) fino al 1982, anno di scadenza dell'omologazione.
Dopo l'adozione della Fiat 131 da parte della squadra corse del gruppo Fiat, furono prodotti ancora altri due esemplari appositamente allestiti per gareggiare come Gruppo 5 Turbo. Uno dei due fu completamente distrutto in un incendio in pista a Zeltweg, l'altro vinse il Giro Automobilistico d'Italia nel 1976, prima di essere spedita in Giappone per partecipare ad un campionato per vetture Silhouette al quale non prese mai parte. Di qui entrò a far parte della collezione Matsuda. Attualmente fa parte della collezione di Chris Hrabalek, il più grande collezionista di Stratos nel mondo, insieme ad altri dieci pezzi unici, inclusa quella del 1977 per il Safari Rally. L'esiguo numero di esemplari costruiti ed il fatto che l'auto fu utilizzata in ogni tipo di gara (persino nei rallycross certamente inadatti a un'automobile da collezione), la rendono infatti uno dei modelli più ricercati dai collezionisti di tutto il mondo.

Il 22 dicembre del 2008 muore Pierugo Gobbato, uno degli ideatori della Stratos e direttore della collaborazione fra Bertone e Lancia. Era figlio dell'Ingegnere Ugo Gobbato (1888-1945), che diresse l'Alfa Romeo impedendo ai nazisti di trasferire la casa automobilistica e i suoi materiali in Germania.

Caratteristiche tecniche

Motore: centrale, 6 cilindri a V con angolo di bancata di 65°

Il motore usato per le competizioni forniva 240 CV, ma si poteva portare fino a 270 CV la versione a 4 valvole per cilindro; mentre la versione con turbocompressore del 1978 sviluppava da 330 a 420 CV.

Cilindrata: 2.418 cm³
Alesaggio e corsa: 92,5 x 60 mm
Motore: In posizione centrale posteriore trasversale, 6 cilindri a V.
Potenza (prima versione) max: 190 CV a 7.700 giri / minuto
Coppia massima: 23 kgm a 4.000 giri
Distribuzione: doppio albero a camme in testa, con 2 valvole per cilindro inclinate a 46°
Alimentazione: tre carburatori invertiti doppio corpo Weber.
Trasmissione: Trazione posteriore con cambio a cinque rapporti.
Sospensioni anteriori: indipendenti, a quadrilateri deformabili, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici e barre antirollio.
Sospensioni posteriori: indipendenti, MacPherson, molle elicoidali e ammortizzatori telescopici
Freni: a disco sulle quattro ruote ventilati, Girling.
Dimensioni: carreggiata anteriore 143 cm, carreggiata posteriore 146 cm.
Prestazioni: la velocità max è 230 Km/h, variabile secondo la versione.
Ruote: Cerchi Campagnolo in lega con pneumatici 205/70VR con Michelin XWX o Pirelli Cinturato CN36
Accensione: elettronica.
Consumo: 7 Km/litro.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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SUBARU IMPREZA 22B






Nel marzo 1998 esce un modello speciale della coupé WRX Sti Version IV: la 22B. E dotata di un motore turbo 2.2L a 4 cilindri boxer e sviluppa una potenza di 280 cv con una coppia di 362,6 Nm. Il prototipo ricorda molto la versione da rally per via dei suoi passaruote allargate come nelle versione rallystica. La sua produzione è limitata (infatti sono stati prodotti solo 400 unità)ma in Italia non verrà mai importata.... :(
ecco la scheda tecnica:

Potenza: 280 cv 6000G/min
Coppia :362.60 Nm a 3200G/min
Trasmissione:4WD
Peso: 1270 kg
Dimensioni:(lung/Larg/Alt): 4365mm/1770mm/1390mm
cilindrata:2212 cc
Iniezione: Turbo
Tipo motore: EJ20
Anno: 1998



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MITSUBISHI LANCER EVO VI TOMMI MAKINEN EDITION

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Nella Evo VI, i maggiori cambiamenti furono focalizzati sul raffreddamento e la durata del motore. Ricevette un intercooler di maggiori dimensioni, un dispositivo di raffreddamento dell'olio più grande e dei nuovi pistoni. Nella RS per la prima volta in una macchina di grande serie, il turbocompressore era costituito di una lega di titanio e alluminio. Anche l'estetica esterna fu variata leggermente: i grandi fendinebbia della Evo V furono ridotti di dimensioni e spostati più all'esterno per aumentare la bocca dell'intercooler. Ai due già esistenti, fu affiancato un nuovo modello, l'RS2, che altro non era un RS con qualche optional della GSR. Con la Evo VI vi furono diverse edizioni limitate: la RS Sprint, che era potenziata da Ralliart per il mercato Inglese, che si caratterizzava per un minor peso e una maggiore potenza (330 CV), e la conosciuta Lancer Evo VI Tommi Makinen Edition (T.M.E) Fu costruita nel 1999 in onore del pilota finlandese Tommi Makinen, e per festeggiare l'avvenuta conquista del quarto titolo piloti rally consecutivo. Era caratterizzata da un diverso paraurti anteriori, sedili Recaro neri e rossi con il logo Tommi Makinen impresso, cerchi da 17" bianchi dedicati da Enkei, un volante della Momo in pelle, un turbocompressore in titanio che permetteva una salita di giri più veloce. Diverse erano anche la taratura delle sospensioni e il materiale in cui erano costruite, queste erano definite "Tarmac". Cambiava anche il gruppo differenziali che erano più simili a quelli presenti sulla Evo 7. Il colore era il rosso con diverse livree che percorrevano la fiancata, ma si trovano anche Evo 6 T.M.E. di altri colori come nero o grigio. A causa delle diverse specifiche tecniche, questa Evo era anche chiamata Evo 6.5.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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marco,la evo 6 l'avevo già postata poco più in su.... :ya:


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