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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 1 marzo 2013, 17:45 
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PORSCHE CARRERA GT

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La Carrera GT è il primo modello della casa di Stoccarda denominato Carrera, in ricordo del 3º posto assoluto conquistato nella Carrera Messicana del 1954. Peraltro tale termine era stato precedentemente utilizzato nella denominazione della Porsche 911 che infatti, sino alla 997, essa esibiva al posteriore su tutte le proprie versioni aspirate (tranne le GT3). La sigla GT sta per Gran Turismo.
La presentazione, anche se soltanto a livello di concept car, avvenne al salone dell'automobile di Ginevra nel 2000 ma la produzione iniziò soltanto nel 2003.
La vettura, che dispone di due posti secchi e di un piccolo bagagliaio anteriore, è mossa da un propulsore V10: esso avrebbe dovuto essere utilizzato nelle gare automobilistiche per sport prototipo LMP1, era stato pensato infatti per equipaggiare un veicolo che gareggiasse alla 24 Ore di Le Mans in sostituzione della 911 GT1/98, ma la vettura, seppur a buon punto nello sviluppo, non fu completata perché la Casa di Stoccarda preferì dirottare i propri sforzi sulla realizzazione del SUV Cayenne, costruito in joint venture con il gruppo Volkswagen/Audi: infatti secondo alcune fonti, l'allora presidente della Volkswagen Ferdinand Piëch non avrebbe voluto che Porsche facesse concorrenza all'Audi R8 Sport nell'edizione del 2000 della 24 Ore. Pertanto si pensò di riutilizzare tale propulsore nell'ambito di una vettura stradale supersportiva da produrre in piccola serie, un po' come era avvenuto nel 1986 per la celebre Porsche 959, che infatti fu una sorta di vettura-laboratorio, oltre che vetrina per il marchio Porsche.
La potenza è trasmessa all'asse posteriore mediante un tradizionale cambio manuale a 6 marce: la Casa non ritenne opportuno utilizzare altri tipi di trasmissione all'epoca disponibili (essenzialmente il cambio automatico Tiptronic S ovvero il cambio PDK per uso agonistico all'epoca in fase di sviluppo).
Da notare che l'ex pilota di rally Walter Röhrl contribuì ad impostare l'assetto della Carrera GT, anche grazie a numerosi giri di prova sulla celebre pista nord Nordschleife del circuito del Nürburgring.
La Carrera GT vantava telaio e carrozzeria realizzate in fibra di carbonio: la fibra di carbonio unisce estrema leggerezza a grande rigidità strutturale e fu questo uno dei primi casi di utilizzo di tale materiale in campo automobilistico per vetture realizzate in serie.
Nel corso dei tre anni di produzione (terminata il 6 maggio 2006) di questa roadster vennero prodotti ben 1.270 esemplari, di cui 604 destinati al mercato degli Stati Uniti: considerato che si tratta di un veicolo artigianale, praticamente costruito a mano, il valore è in assoluto elevato.
La produzione venne effettuata nello stabilimento di Lipsia, costruito per realizzare dapprima la Porsche Cayenne ed in seguito anche la Porsche Panamera.

La Carrera GT ha rappresentato per Porsche una sorta di vettura-laboratorio, dal momento che molte delle soluzioni introdotte su di essa hanno poi influenzato la successiva produzione della casa tedesca: basti pensare all'esteso utilizzo della fibra di carbonio, ai freni in materiale carboceramico, poi adottati come optional su tutte le vetture sportive Porsche, al bullone di serraggio centrale dei cerchi, adottato sulle Porsche 911 GT3 e GT3 RS, ovvero al design che ha certamente influenzato quello della Porsche Boxster e della Porsche Cayman (sigla interna di modello: 987), con particolare riferimento ai fari ed alla parte anteriore. Il design delle fiancate, in particolare delle prese d'aria laterali, pare inoltre aver influenzato i designer Porsche nella realizzazione della Boxster attualmente in produzione (sigla interna di modello: 981).

Dati tecnici

Propulsore: V10 a 68° in posizione centrale longitudinale
Cilindrata: 5.733 cm³
Distribuzione: doppio albero a camme per bancata, 4 valvole per cilindro
Potenza dichiarata: 450 kW (612 CV) a 8.000 giri/min
coppia massima dichiarata: 590 Nm a 5.750 giri/min
Rapporto di compressione: 12,0 : 1
CV/l: 106,7
Telaio: monoscocca in fibra di carbonio
Carrozzeria: in fibra di carbonio
Impianto frenante: 4 dischi in materiale carboceramico
Sterzo: a cremagliera con servosterzo
Trasmissione: manuale a 6 rapporti
Trazione: posteriore

Dimensioni

Peso: 1.380 kg
Lunghezza: 4.613 mm
Larghezza: 1.921 mm
Altezza: 1.166 mm
Passo: 2.730 mm
Carreggiata anteriore: 1.612 mm
Carreggiata posteriore: 1.587 mm

Prestazioni dichiarate

Velocità massima: 330 Km/h
Accelerazione 0-100 Km/h: 3,9 secondi
Accelerazione 0-200 Km/h: 9,9 secondi

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

uscita di fabbrica venerdì 26 aprile 2013


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 3 marzo 2013, 14:48 
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ASTON MARTIN V12 ZAGATO

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a V12 Zagato è stata presentata come prototipo nella primavera del 2011 al Concorso d'eleganza Villa d'Este, dove tra l'altro vinse nella categoria Design Award for Concept Cars & Prototypes. Nel mese di giugno, la vettura è stata impiegata in una gara nel circuito del Nürburgring, dove ha dato prova della sua eccellenza tecnica. Ma i consensi raccolti dalla vettura furono tanti e tali da spingere la Casa di Gaydon a produrla in una tiratura limitata di soli 150 pezzi (successivamente limitata ulteriormente a 101[1]). Un'altra presentazione, stavolta in qualità di vettura stradale, si è avuta al Salone di Francoforte dello stesso anno, mentre una terza presentazione si è avuta a Ginevra nel 2012.

Nel frattempo ne è stata avviata la produzione: la V12 Zagato, pur essendo il modello top di gamma della serie Vantage, viene costruita utilizzando tecnologie e materiali ripresi dalla esclusivissima One-77. Ed ecco quindi che anche per la V12 Zagato è stato impiegato un mix di fibra di carbonio per alcuni componenti e lega di alluminio per altri. La vettura è interamente assemblata a mano ed ogni esemplare richiede circa 2.000 ore di manodopera, di cui 100 per la sola verniciatura. Il risultato è un corpo vettura che riprende i classici motivi stilistici del carrozziere milanese, come per esempio la doppia gobba sul tetto ripresa in parte anche dalla particolare curvatura del lunotto. Tra le "chicche" stilistiche più particolari va senz'altro citata la calandra dotata di una griglia composta da tante "Z" accostate. L'abitacolo è anch'esso di chiara intonazione sportiva, ma senza tuttavia rinunciare al lusso: i sedili anteriori dal disegno avvolgente sono rivestiti in pelle con cuciture rosse dal disegno ad onda. Stesso discorso per i pannelli porta e per il cielo, anch'essi con cuciture rosse ad onda. Esternamente, la V12 Zagato di serie differisce dal prototipo dell'esordio per lo sbalzo posteriore leggermente più pronunciato e per la presenza di un'ala posteriore fissa.

Il propulsore della V12 Zagato è appunto il V12 da 5935 cm³ già montato su altri modelli della Casa inglese. Con una potenza massima di 517 CV a 6500 giri/min ed una coppia massima di 570 Nm a 5750 giri/min, la vettura è in grado di raggiungere una velocità massima di 305 Km/h, coprendo loscatto da 0 a 100 Km/h in soli 4"2. La trasmissione è affidata ad un cambio manuale a 6 marce, che porta la coppia alle ruote posteriori mediante un leggero albero di trasmissione in fibra di carbonio. Quanto alla meccanica telaistica, la V12 Zagato monta sospensioni a quadrilateri con barre stabilizzatrici, molle elicoidali ed ammortizzatori monotubo. L'impianto frenante è costituito da dischi freno carboceramici: quelli anteriori, da 398 mm di diametro, hanno pinze a sei pompanti, mentre quelli posteriori, del diametro di 360 mm, montano pinze a quattro pompanti. Il contatto con il suolo avviene tramite poderosi cerchi in lega da 19 pollici che calzano pneumatici 255/35 all'avantreno e 295/30 al retrotreno.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

uscita di fabbrica venerdì 26 aprile 2013


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 4 marzo 2013, 15:40 
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La Porsche Panamera è una coupé a 4 porte a motore anteriore, commercializzata da fine di Maggio 2009, per la casa tedesca si tratta di un modello precedentemente inedito, tramite il quale ha potuto espandere la propria gamma di autoveicoli.
La Panamera fa parte di quel segmento di mercato di recente espansione che comprende coupé a 4 porte di gamma elevata, del quale fanno parte anche Mercedes CLS, Maserati Quattroporte e Aston Martin Rapide.
La Panamera è una berlina lunga circa 5 metri, con velocità di punta comprese tra i 242 Km/h della versione Diesel e i 306 Km/h della versione Turbo S. I quattro posti sono costituiti da poltrone singole dalla forte caratterizzazione sportiva; lo stile esterno richiama volutamente, specie nella parte anteriore, quello della Porsche 911, in modo da rendere la Panamera immediatamente riconoscibile come Porsche. La dotazione di accessori è molto completa e particolare attenzione è stata posta circa il comfort interno e la sicurezza del veicolo.
La produzione avviene nello stabilimento di Lipsia, lo stesso dove viene assemblata la Porsche Cayenne, a dimostrazione della presenza di molti punti in comune tra i due modelli (a partire dai propulsori e dalla trasmissione integrale sui modelli 4S e Turbo).
I mercati a cui il modello è destinato sono, oltre a Europa e USA, soprattutto i mercati emergenti (Russia, Cina, Medio Oriente): non a caso la presentazione è avvenuta al salone cinese di Shanghai.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 4 marzo 2013, 16:08 
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ALFA ROMEO 33 STRADALE

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La prima 33 Stradale realizzata era basata sulla omonima versione da competizione, la Tipo 33. Questa autovettura, presentata nel 1967 al salone dell'automobile di Torino, venne disegnata da Franco Scaglione e costruita dalla Carrozzeria Marazzi; è spesso ricordata per essere la prima vettura prodotta ad avere le portiere ad apertura verticale, e l'estetica non risente assolutamente dei 40 anni trascorsi, a tal punto che la nuova Alfa 8C Competizione ricorda moltissimo questa vettura. È considerata, da molti, tra le più belle auto di tutti i tempi.

Il motore, posto in posizione centrale, lo stesso della Tipo 33 da competizione, non aveva praticamente nulla in comune con le unità destinate ad equipaggiare le auto di serie; era un 1995 cm³ V8 con alesaggio di 78 mm e corsa di 52,2 mm, progettato dal Direttore della Progettazione Meccanica Giuseppe Busso e poi data in gestione a Carlo Chiti, fondatore e responsabile della squadra corse Autodelta, il reparto corse dell'Alfa Romeo. Autentico gioiello tecnologico, costruito interamente in alluminio e magnesio, disponeva di impianto di iniezione meccanica indiretta "Spica" con doppia pompa della benzina elettrica e lubrificazione a carter secco. La distribuzione è a doppio albero a camme in testa per bancata, le valvole (33 mm di diametro quella di aspirazione e 28 mm di diametro quella di scarico) sono 2 per cilindro inclinate di 48° e sedici candele (2 per cilindro). Nella versione da competizione il propulsore erogava una potenza di 270 cv din ad un regime di 9600 giri/min con un rapporto di compressione di 11:1. Nella versione stradale la potenza veniva limitata a 230 cv din erogati ad un regime di 8800 giri/min con un rapporto di compressione di 10:1. Un tale regime di rotazione era un record per l'epoca, ma anche oggi elevatissimo per un'auto da strada; la potenza di 230 cv din fa di questo motore uno dei 2.000 cm³ aspirati più potenti mai realizzati. Una potenza molto elevata per un'autovettura stradale, ancor di più se si considera che è ottenuta con la sola tecnologia meccanica e senza l'ausilio della gestione elettronica adottata dalle automobili moderne. Il rapporto al ponte è di 9/41 (con differenziale autobloccante), mentre i rapporti del cambio a sei marce sono i seguenti: I 3,25:1; II 2,18:1; III 1,60:1; VI 1,30:1; V 1,20:1; VI 0,96:1; Rm 3,273:1. La vettura è alta 990 mm, lunga 3970 mm e larga 1710 mm; il passo misura 2350 mm, la carreggiata anteriore 1350 mm, quella posteriore 1445 mm. Il peso in ordine di marcia è di 700 kg.

Anche per il ridotto peso del telaio, realizzato grazie all'impiego di tecnologie aeronautiche, costruito con elementi tubolari in acciaio e fusioni in lega di magnesio, allungando di 10 cm quello della 33 da competizione costruita sempre da Autodelta, la 33 Stradale raggiungeva prestazioni inimmaginabili per il tempo come per oggi da un 2 litri, infatti la velocità massima era di quasi 260 Km/h e l'accelerazione da 0 a 100 Km/h era compiuta in 5,6 secondi (la rivista AutoItaliana misurò 4,9 secondi).

Tra i 18 esemplari prodotti vi sono lievi differenze estetiche, le più evidenti delle quali sono rappresentate dalla presenza di due soli fari anteriori in luogo di quattro fari e del tergicristallo incernierato in alto o in basso.

Uno dei 18 esemplari di questa autovettura (versione con quattro fari) è conservato presso il Museo Storico dell'Alfa Romeo di Arese.

La 33 Stradale quando fu venduta (figurava regolarmente a listino presso i concessionari) era una delle auto più costose sul mercato, ben 9.750.000 lire; per fare un esempio l'Alfa Romeo Giulia TI costava 1.570.000 lire; per una Jaguar si spendevano circa 5 milioni, mentre per una Ferrari occorrevano 6 milioni.

Nel 1970 una vettura della versione da competizione, denominata Tipo 33/3, venne utilizzata n

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 4 marzo 2013, 16:50 
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forte la prima foto....se non sbaglio è scattata nel vecchio stabilimento dismesso....

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 4 marzo 2013, 17:25 
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sì esatto.........l'ho presa da qui http://thechicaneblog.com/2010/01/21/art-appreciation-alfa-romeo-33-stradale/

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 5 marzo 2013, 9:04 
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jeep willys



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Il veicolo da trasporto Utility truck ¼ t 4x4 Jeep fu il veicolo costruito nel maggior numero di esemplari nel corso della seconda guerra mondiale. Fu usato dalle forze armate degli Stati Uniti su tutti i teatri di guerra e fu ceduto in quantità notevoli a tutti gli alleati, diventando quindi il principale veicolo di collegamento anche per gli eserciti britannico, sovietico e francese. Fu utilizzato anche dalle forze dell'Asse, quando ebbero occasione di catturare veicoli ancora funzionanti.
Il nome "jeep" è dato dalla pronuncia dell'acronimo GP che sta per General Purpose (usi generali).
Successivamente alla seconda guerra mondiale il termine jeep indicò genericamente qualsiasi veicolo militare leggero non blindato con un aspetto simile alla Jeep originale.
La necessità di veicoli militari leggeri con quattro ruote motrici fu riconosciuta nell'ambito dell'US Army fin dal 1935, quando Arthur W. Herrington (che era stato ingegnere nel Quartermaster Corps) realizzò un veicolo con carico utile di mezza tonnellata, chiamato "Darling" per l'artiglieria, dove fu utilizzato in numero limitato di esemplari come "contact team vehicle". Le necessità della fanteria tuttavia erano orientate verso veicoli di dimensioni minori, dato che un veicolo come il Darling pesava circa 1800 kg (4000 lb) , mentre erano richiesti veicoli del peso di circa 700 kg (1500 lb) per poter essere spinti a mano in caso di guasto. In base a queste considerazioni nel giugno del 1940 il Quartermaster Corps emise le specifiche per un veicolo da ricognizione 4x4 del peso di 585 kg, richiedendo ai fabbricanti di autoveicoli di predisporre un prototipo per la fine di luglio. L'unica compagnia che fu in grado di soddisfare le richieste dell'esercito fu la American-Bantam che produsse un veicolo che, tuttavia, non rientrava nei limiti di peso, non realistici per la tecnologia dell'epoca, previsti.
L'esercito statunitense aveva fornito i disegni costruttivi del veicolo anche alla Willys ed alla Ford, senza l'autorizzazione della Bantam, quindi, nel novembre dello stesso anno, la Willys e la Ford presentarono i loro prototipi (chiamati rispettivamente Quad e Pygmy), molto simili a quello della Bantam. Quando finalmente l'esercito emise gli ordini definitivi per i primi 8000 veicoli, i veicoli di serie avevano modificato il loro aspetto ed il loro nome: la Jeep Bantam era il 40 BRC, il veicolo Willys era il modello MA ed il veicolo Ford il GPW.
Tuttavia nel luglio 1941 l'esercito si orientò definitivamente sul progetto Willys ed emanò contratti per questa ditta e per la Ford, eliminando totalmente la Bantam dalla produzione del veicolo, dandole solo un contratto per la produzione dei rimorchi.
La jeep era un veicolo esteriormente estremamente rustico, praticamente solo una piattaforma su quattro ruote con un cofano a forma di parallelepipedo, con l'abitacolo appena protetto da barriere laterali che non superavano in altezza il cofano. Il parabrezza, costituito da due vetri sostenuti da un telaio, generalmente era abbattibile. L'uso principale, come veicolo da collegamento e, secondariamente, da ricognizione, non prevedeva particolari cure per la carrozzeria, tanto che furono studiate modifiche per realizzare la carrozzeria in compensato, per ridurre il consumo di acciaio (più utile all'industria pesante),comunque, considerando che la jeep aveva anche funzioni di trasporto fuoristrada per ufficiali superiori furono effettuati diversi tentativi, talvolta con modifiche direttamente nei reparti, per fornirla di una carrozzeria chiusa. Tipico della jeep, nella versione finale, era il radiatore in lamiera stampata con i fari incorporati.
Il motore di serie della jeep era il Willys Mod 442, detto anche Go Devil, un motore alimentato a benzina (come quelli di tutti i veicoli dell'esercito statunitense), un quattro cilindri con testata a "L" a valvole laterali. La cilindrata era di 2196 cm3 ,ed il motore erogava 40 kW (54 HP) a 3700 rpm, la coppia massima era di 123 N·m (98 ft-lb) a 2000 rpm.La trasmissione, con giunti a U, era con un cambio a tre marce e retromarcia, con riduttore a due posizioni. La trazione era su tutte e quattro le ruote.
Gli ammortizzatori erano idraulici, indipendenti sulle quattro ruote e le sospensioni erano a balestra. Gli pneumatici erano a 6 tele, delle dimensioni 6x16.
I primi modelli di Willys MB avevano la griglia del radiatore fatta di barre di acciaio sagomate e saldate, i fari erano montati sulla barra superiore, ed erano mobili, in modo tale da poter essere rovesciati per illuminare il motore in caso di riparazioni. Questa soluzione fu scartata molto presto, sia perché i fari in quella posizione erano più esposti a danneggiamenti rispetto ai fari inglobati nella parte anteriore della vettura, sia perché gli utilizzatori del veicolo non ritenevano opportuno illuminare il veicolo fermo di notte mentre stavano riparando il motore, esponendosi così al fuoco nemico.
Per l'uso in zone desertiche le jeep erano modificate con pozzetto piezometrico per il radiatore, compressore e manometro per la gestione della pressione degli pneumatici e filtro del carburante esterno.
Talvolta in Europa le jeep furono adattate per il movimento ferroviario, sostituendo le ruote in dotazione con ruote ferroviarie di piccolo diametro su assali allungati. Le ruote standard generalmente erano portate sui fianchi del veicolo per poter essere sostituite a quelle ferroviarie. Un'altra soluzione era ottenuta utilizzando un kit di modifica della Evans Autotrailer Company che permetteva di aggiungere due carrelli ferroviari di due ruote ciascuno, uno anteriore ed uno posteriore, alla jeep normale, quindi senza dover cambiare le ruote, almeno 7 esemplari furono equipaggiati con questi mezzi.
Fra gli accessori era previsto anche l'utilizzo di uno snorkel per l'utilizzo da LCM, permettendo quindi alla Jeep di fare gli ultimi metri fino alla spiaggia parzialmente, o anche totalmente, dato che la profondità massima di guado era di 1,83 m, immersa.
Jeep costruite alla fine della seconda guerra mondiale: 634569, 2642 Bantam, 350349 Willys e 281578 Ford.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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ALFA ROMEO ALFETTA

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La nuova "Alfetta" avrebbe dovuto essere la vedette del Salone dell'automobile di Torino dell'ottobre 1971 e già in agosto erano state diffuse le caratteristiche tecniche alla stampa specializzata. Tuttavia, la scelta di dare il maggior risalto alla contemporanea "Alfasud", il timore di oscurare la "2000" e una serie di scioperi nella fabbrica di Arese, fecero slittare la presentazione di oltre sei mesi. Presentata nel maggio 1972, l'"Alfetta" fu senza dubbio una delle Alfa Romeo più innovative del dopoguerra. Essa infatti pur rispondendo a tutti i canoni tipici del marchio rappresentava una forte innovazione rispetto ai modelli precedenti. La sua linea tutta segnò un punto di rottura con lo stile classico Alfa Romeo che avrebbe ispirato a lungo l'evoluzione della gamma della casa del Portello. Rimase sul mercato fino al 1984 quando venne sostituita dalla "90".
La linea dell'Alfetta è squadrata, scevra da venature e pieghe, moderna per l'epoca ma classicizzata dal frontale tipicamente Alfa Romeo con i doppi fari tondi in cornici cromate e lo scudetto in posizione centrale. Guardavano alla tradizione i paraurti a lama in acciaio inossidabile, le tre barre cromate sulla calandra e le maniglie delle portiere. Così se la parte anteriore era bassa, raccolta e relativamente slanciata la parte posteriore presentava la novità più evidente: La coda alta che oltre a garantire vantaggi sul piano aerodinamico offriva una capacità di carico quasi da record per la categoria.
All'interno non ci si era discostati dalla tradizionale formula Alfa Romeo. La plancia con la didascalia “Alfetta” in corsivo e gli inserti tipo legno era completata da un quadro strumenti completo e soprattutto molto leggibile che comprendeva oltre al tachimetro e al contagiri gli indicatori di livello carburante, temperatura acqua e pressione lubrificante oltre a una completa dotazione di spie.
Il posto guida, ben realizzato, favoriva la guida a braccia distese e prevedeva anche la regolazione in altezza del volante. L'abitacolo era nel complesso molto accogliente e spazioso; l'assenza del cambio all'uscita del motore infatti aveva permesso di snellire abbastanza la parte anteriore del tunnel centrale tanto da dare un'incredibile sensazione di spazio ai posti anteriori. Quelli posteriori pur disponendo invece di molto spazio in senso longitudinale erano inficiati dall'ingombrante presenza del cambio posteriore che aveva costretto i progettisti dell'Alfa Romeo a gonfiare il tunnel centrale tanto da compromettere il comfort del passeggero posteriore seduto al centro.
Il portabagagli seppur di generosissime dimensioni non era sfruttabile a pieno per via della molto alta soglia di carico che poteva costringere a fastidiosi sollevamenti e tendeva ad aumentare il pericolo di danneggiare la carrozzeria negli usi più intensi. Sotto il piano di carico trovavano posto la ruota di scorta e il serbatoio carburante di 50 litri. L'ampia vetratura garantiva una buona visuale in ogni direzione e solo in retromarcia la spiovente coda necessitava di una buona dose di pratica prima di poterne valutare correttamente l'ingombro. La dotazione, seppur non eccezionale, era buona per l'epoca e sarebbe stata arricchita con il passare delle generazioni sino ad arrivare alla fin troppo ricca ed elaborata Quadrifoglio oro del 1983. Nel 1972 il prezzo di listino era di L. 2.441.600, cui occorreva aggiungere L. 26.880 per l'interno in texalfa, L. 19.040 per il lunotto termico, L. 16.240 per gli appoggiatesta regolabili e L. 106.400 per la finizione metallizzata, unici accessori disponibili.
Quello che lasciava a desiderare, come spesso era accaduto nella storia dell'Alfa, erano le finiture, solo approssimative e non di rado piene di difetti di lavorazione e di materiali di scarsa qualità. Ma gli Alfisti veri non compravano certo le loro macchine per sfoggiare la cura costruttiva di sedili e guarnizioni, quello che contava maggiormente erano le prestazioni e infatti la parte del leone era, secondo la tradizione, riservata alla raffinata meccanica.

La meccanica
l classico bialbero Alfa Romeo di 1779 cm³ derivava direttamente da quello della 1750 modificato nella forma dei collettori di scarico e della coppa dell'olio per permettere di elevarne la potenza a 122 CV DIN ed aveva caratteristiche tecniche in parte non ancora completamente diffuse oggi tra i propulsori moderni. Costruito completamente in lega di alluminio aveva le canne dei cilindri di ghisa riportate e sfilabili. I due alberi a camme in testa mossi da una doppia catena silenziosa anteriore che garantiva un'eccellente affidabilità e durata, azionavano direttamente le valvole attraverso i bicchierini in bagno d'olio ad essi interposti, il che se da un lato rispondeva a esigenze di affidabilità e sportività, dall'altro rendeva la regolazione del gioco un'operazione più complessa, anche se meno frequente. Le due valvole erano inclinate a 80° per formare una camera di combustione emisferica ad alto rendimento, e quelle di scarico erano raffreddate dalla presenza nello stelo di sodio che ne diminuiva la temperatura durante l'uso passando dallo stato solido a quello liquido e garantendo così una più lunga durata delle stesse.
Il tutto era raffreddato dal liquido contenuto nel circuito sigillato provvisto di radiatore con la ventola per la prima volta mossa da motore elettrico azionato da un interruttore termostatico, anziché direttamente dal motore come sulla 1750. L'alimentazione era assicurata da due carburatori orizzontali doppio corpo Weber 40 DCOE/32 riforniti di carburante dalla pompa meccanica. Vennero allestite anche vetture destinate al mercato d'oltreoceano provviste di iniezione meccanica Spica.
La novità vera fu l'inedito posizionamento del cambio a 5 marce al retrotreno in blocco con differenziale e frizione azionata idraulicamente (soluzione sostenuta da Giuseppe Busso), allo scopo di restituire un'ottimale distribuzione che migliorasse la tenuta di strada, rispetto ai precedenti modelli derivati dalla "Giulia". Ma inedito era anche lo schema delle sospensioni posteriori che adottavano per la prima volta su una vettura stradale della Casa un raffinato ponte De Dion costituito da un traliccio di tubi d'acciaio triangolare con il vertice imperniato anteriormente che mirava alla riduzione delle masse non sospese in modo da garantire una maggiore motricità alle ruote posteriori. A tale scopo i freni a disco posteriori vennero spostati dalle ruote alla flangia dei semiassi sul differenziale. Su vetture di serie, fino ad allora, tali soluzioni tecniche erano state riservate a modelli di classe elevata come la Lancia Aurelia degli anni cinquanta della quale l'Alfetta riprende il sofisticato schema tecnico "transaxle".
Le sospensioni anteriori indipendenti seguivano lo schema a bracci trasversali oscillanti e usavano come elementi elastici delle barre di torsione. Il tutto era completato da ammortizzatori idraulici e barre stabilizzatrici sia sull'avantreno che sul retrotreno. I freni erano tutti a disco con comando idraulico a doppio circuito, servofreno a depressione e limitatore di frenata sul retrotreno. Il freno a mano agiva sulle ruote posteriori.

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Citroen Bijou - e chi l'aveva mai sentita.....

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La Bijou fu prodotta presso lo stabilimento inglese di Slough che dopo due anni (1966) chiuse i battenti per far posto alla nota industria dolciaria Mars, tutt’oggi ancora lì dislocata.
Fino a quella data Citroen, per assemblare le proprie vetture da destinare al mercato d’ oltremanica, utilizzava questi stabilimenti e la cittadina di Slough, nel Berkshire, fu scelta per la sua tranquillità.
La Bijou era basata sulla storica 2CV, costruita anche a Slough dal 1950 fino al 1960, ma che a causa di un prezzo troppo elevato per i dazi doganali sulla componentistica importata e di una reputazione non felice da parte dei conservatori anglosassoni, non ebbe inizialmente un grande successo in Gran Bretagna, un mercato sul quale si riaffacciò prepotentemente solo nel 1975 con la crisi petrolifera e l’entrata del Regno Unito nella CEE.

E fu proprio per sopperire a queste scarse vendite che Citroen decise di introdurne una variante glamour formato mini coupé. Lo stilista fu Peter Kirwan-Taylor, un commercialista che collaborò anni prima alla commessa della prima Lotus Elite del ‘57. I soliti maligni asserivano che avesse riciclato i disegni in brutta copia della Elite per consegnarli alla Citroen. Nonostante l’utilizzo di materiale in fibra, il peso era eccessivo per il piccolo motore di 425 cc. da 12 cv. già utilizzato per la 2CV e che consentiva una velocità massima di 70 Km/h.

In previsione però di una probabile ed imminente chiusura della fabbrica si cercò comunque di smaltire la maggior parte di componenti già stoccate presso Slough in modo da evitare ulteriori dispendiose importazioni; quindi oltre al motore e alla meccanica della 2CV, il parabrezza, il lunotto ed il volante erano della ID station wagon (la Citroen DS economica), le maniglie della DS e le finiture della AMI 6.
Nei quattro anni di produzione si assemblarono solo 207 Bijou.

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è la prima volta che la sento anch'io!!!

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BMW 3.0 CSL

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BMW 3.0 CSL (E9) : Lo strapotere della Porsche nelle competizioni tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, indusse la BMW a sviluppare una versione da competizione della coupé E9. Così nel 1972 venne lanciata la 3.0 CSL, dotata di carrozzeria alleggerita di 130 kg (grazie all'impiego di cofani e portiere in alluminio, all'utilizzo di finestrini e lunotto in plexiglas e all'eliminazione di parte del materiale fonoassorbente), più adatta a fungere da base di partenza per la versione impiegata nel Campionato Europeo Turismo.
La 3.0 CSL (la L stava per leicht, leggera) adottava lo stesso motore a carburatori (più facili da regolare in gara dell'iniezione meccanica) da 180 CV della CS ed era riconoscibile per i passaruota cromati, i paraurti più sottili e verniciati di nero opaco e la strip adesiva laterale nera. L'allestimento interno, a parte i sedili sportivi in pelle e tessuto ed il volante "racing", era identico a quello delle versioni normali. Nel 1972 la Casa di Monaco introdusse la CSLi, una versione equipaggiata da un motore di cilindrata incrementata da 2986 a 3003 cm³ (per ottenere l'omologazione nella categoria "oltre 3 litri"), alimentato a iniezione elettronica (meglio regolabile di quella meccanica) da 200 CV.
Alla fine del 1973, la CSLi subì una profonda evoluzione, sia meccanica che esettica: il motore da 3 litri fu rivisto in profondità e portato a 3153 cm³, con potenza massima cresciuta di poco (206 CV). Per migliorare l'efficienza aerodinamica del modello venne sviluppato un kit comprendente parziale carenatura del sottoscocca, eliminazione dei paraurti, spoiler anteriore, alettone posteriore (di grandi dimensioni), deflettore sulla parte posteriore del tetto e strip "motorsport" rosse azzurre e blu. Le versioni dotate di questo kit (disponibile solo con le colorazioni bianco e argento metallizzato) erano soprannominate Batmobile.
La versione da gara, nel frattempo, aveva fatto man bassa di campionati Europei (Gruppo 4 e Gruppo 5): 6 consecutivi dal 1973 al 1979, anno in cui scadette l'omologazione. Da notare che gli ultimi 3 furono "postumi", nel senso che tutte le E9 sono uscite di listino nel 1976.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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per la serie vetture strane.... ;)

citroen m35


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La M35 fu un'autovettura sperimentale, derivata dalla Ami 8 di normale serie, utilizzata dalla Casa francese per testare la bontà del motore rotativo Wankel. Sul corpo vettura della piccola berlina, trasformata in coupé dalla carrozzeria Heuliez, venne infatti installato un monorotore di 497,5cm³ da 49cv di potenza. La carrozzeria si differenziava dalla Ami 8 di serie oltre che per le 2 sole porte, per tutta una serie di modifiche: padiglione più basso e rastremato, frontale modificato, interni inediti. Dopo una piccola preserie di 6 unità, venne avviata, presso gli stabilimenti Heuliez, la produzione di una piccola serie di esemplari che la Citroen intendeva assegnare direttamente ad una serie di clienti affezionati che dovevano, in pratica, fungere da collaudatori. La Casa transalpina, infatti, credeva molto nelle potenzialità del motore Wankel, tanto che nel 1967, in joint-venture con NSU, aveva fondato la Comotor, un'azienda destinata a produrre motori rotativi per le due Case.
Dei 500 esemplari di M35 previsti in origine ne vennero assemblati, tra il 1969 ed il 1971 solamente 267, a causa dei costi di produzioni elevatissimi. I clienti selezionati per la sperimentazione, inoltre, s'impegnavano a non vendere l'autovettura, che doveva, al termine della sperimentazione stessa, essere restituita alla casa madre.
Durante i test il Wankel evidenziò alcune luci (rendimento doppio rispetto ad un motore a scoppio convenzionale, elevato rapporto tra cilindrata e prestazioni: la M35 raggiungeva i 144 Km/h) e molte ombre: consumi molto elevati (sia in termini di carburante che di lubrificante), scarsa elasticità di marcia, virtuale assenza di freno motore e, soprattutto, modesta affidabilità.
Il problema dell'affidabilità, in effetti, era preoccupante: la maggior parte dei rotori della M35 non erano in grado di superare i 60.000 Km di percorrenza e molti cedevano dopo appena 30.000.
Il vantaggio teorico del rendimento era poi mortificato dal Fisco che, al fine della tassazione, raddoppiava la cilindrata dei motori rotativi. In Francia (ma anche in Italia), ad esempio, la M35 era tassata come una 1100 cm³.
Nonostante i problemi evidenziati dalla sperimentazione e le difficoltà incontrate dalla stessa NSU Ro80 (entrata in produzione nel 1968), la Citroèn volle proseguire ugualmente nello sviluppo dei motori Wankel.
La M35, i cui ultimi esemplari vennero ultimati e consegnati nel corso del 1971, servì da banco di prova per la produzione della GS Birotor (prima ed unica Citroen con motore rotativo prodotta in serie) e per la realizzazione di alcuni esemplari di un elicottero a rotore Wankel.
La M35 è, come detto, stata prodotta in soli 267 esemplari marchiati e numerati (curioso come la numerazione abbia comunque superato le 1000 unità); ad oggi ne rimangono pochissimi ciò ne fa una delle Citroen storiche più apprezzate e ricercate.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 marzo 2013, 18:13 
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ALFA ROMEO MONTREAL

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Nel 1970 venne presentata al Salone dell'automobile di Ginevra la versione definitiva della "Montreal". Le consegne iniziarono nei primi mesi del 1972 al prezzo di L. 5.700.000 e con la possibilità di arricchirla con accessori pensati per un maggior comfort, quali gli alzacristalli elettrici (L. 100.000), la vernice metallizzata (L. 140.000) ed il condizionatore d'aria (L. 290.000). La gamma di colori disponibili variava dalle tinte pastello blu medio, verde, grigio escoli, rosso cina, arancio e nero, alle tinte metallizzate marrone, argento, arancio, oro e verde.

Come detto esteticamente la vettura risultò leggermente più alta e con il cofano più ingombrante per accogliere l'otto cilindri. Il motore, pur derivando da quello da corsa Tipo 33, venne sostanzialmente modificato al fine di renderlo più "docile" e adatto all'uso stradale. La cilindrata definitiva è 2593cm³, l'albero motore ha la disposizione delle manovelle a 90 gradi anziché a 180, i pistoni perdono il cielo convesso tipico della vettura sport, è diversa la fasatura ed è diversa l'iniezione meccanica, ora SPICA derivata dalle vetture a quattro cilindri esportate in America anziché Lucas. Il gruppo propulsore fu abbinato ad un raffinato cambio manuale 5 marce ZF invertito, quanto di meglio disponibile all'epoca, anche in considerazione del fatto che in Alfa non era disponibile una trasmissione in grado di gestire la poderosa coppia del V8 - e la produzione non massiva non ne rendevano conveniente la messa in produzione-. Interessante, questo proposito, ricordare che il gruppo differenziale, derivato direttamente dalle 2000 Gt e Spider, era stato dotato di una coppa maggiorata in magnesio, col duplice scopo di aumentare la quantità d'olio e fornire un migliore raffreddamento. In effetti, la trasmissione era il punto più vulnerabile, tanto che le vetture preparate per correre (soprattutto in USA e in Sud Africa) erano spesso costrette al ritiro causato proprio dalla rottura del differenziale. La visione d'insieme della vettura dà più l'idea di una velocissima e confortevole gran turismo anziché di una derivata dalle corse strettamente sportiva. Infatti, a fronte di un motore esuberante quale il V8 di Arese, l'autotelaio si dimostrava inadeguato per una sportiva: la base della Giulia mostrava, infatti, tutti i limiti connessi allo schema "ruote anteriori indipendenti e ponte posteriore rigido". Il risultato era tutt'altro che disprezzabile, anzi, ma alla prova dei fatti la Montreal soffriva di un marcato rollio in curva - che consente, però, di apprezzare l'approssimarsi dei limiti dei tenuta del mezzo e, comunque, non inificiava l'efficacia nel seguire la traiettoria impostata -. L'impianto frenante, a dischi autoventilanti di produzione Girling, su tutte le ruote, forniva prestazioni in linea con le gt dell'epoca e, sebbene non sia un punto forte della Montreal, ancora oggi, se ben mantenuto, garantisce spazi d'arresto di tutto rispetto.

Le prestazioni, come si può immaginare, sono di prim'ordine: 200 cavalli a 6500 giri, 24kgm di coppia a 4750 giri, 224 Km/h di velocità massima e 28 secondi per percorrere il chilometro con partenza da fermo; 0-100km/h circa 7 secondi. Le versioni da corsa venivano potenziate con configurazioni che,anche in base ai regolamenti, raggiungevano i 3000 cm³ e i 340 CV. Da questo motore fu derivata anche una versione marinizzata per le gare di entrobordo, che vinse il campionato mondiale del 1974.

Ovviamente è un'automobile destinata ad una clientela di un certo rango ed anche il prezzo di listino lo dimostrava, così come i molti equipaggiamenti disponibili in opzione.

Nel 1972 la rivista Quattroruote organizzò, per sondare le doti di resistenza ed affidabilità della Montreal, una tirata da Reggio Calabria fino a Lubecca impiegando poco meno di venti ore. Considerando che il percorso misurava ben 2.574 Km i tester riuscirono a percorrerlo, soste e rifornimenti compresi, ad una velocità media di 130 Km/h circa.

Purtroppo questa automobile non ebbe il successo che avrebbe meritato: infatti la produzione in serie fu ostacolata dalla crisi del petrolio che ritardò l'uscita dell'autovettura, estendendo la produzione fino al 1977. Relativamente pochi esemplari furono costruiti, esattamente 3925 unità, di cui solo 50 immatricolate tra il 1976 ed il 1977.

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MessaggioInviato: 7 marzo 2013, 19:57 
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Non poteva mancare l'ultima nata dalla casa di Maranello! Prodotta in soli 499 esemplari, "LaFerrari" (questo il nome scelto per questo bolide), racchiude tutta la tecnologia e l'esperienza che lo storico marchio italiano ha acquisito in tanti anni di F1.

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LaFerrari è una sportiva estrema per collezionisti, un’ibrida (anche se a modo suo) che utilizza le stesse tecnologie della Formula 1,a partire dal sistema KERS nella sua nuova declinazione HY-KERS. Alla base di tutto c’è un V12 di 6.262 cc che sviluppa 800CV a 8.250 giri/min accoppiato ad un motore elettrico da 120 kW (163 CV): la somma è facile quanto impressionante, 963 CV. Ancora più impressionate è il dato sulla coppia, 900 Nm, a cui si arriva grazie alla possibilità di sfruttare la coppia ai bassi regimi del motore elettrico e quella agli alti regimi del motore termico.

In termini di prestazioni LaFerrari rappresenta la vera antagonista alla McLaren P1, l'unica altra vera super-supercar. Arriva oltre i 350 Km/h e va da 0 a 100 in meno di 3 secondi e ce ne mette meno di 7 per raggiungere i 200 Km/h e soltato 15 per i 300 Km/h. Per avere idea di quanto vada la LaFerrari, basta dire che tempo sul giro a Fiorano (la pista della casa modenese) è pari a 1'20", cinque secondi sotto quello della Enzo e tre meglio della F12 berlinetta. Non esiste la possibilità di viaggiare solo in elettrico, almeno non adesso, ma comunque le emissioni di CO2 dichiarate dalla casa sono sotto i 330 g/Km, una follia in assoluto, ma poco per un’auto di questo tipo. Il pacco batterie da 60 kg è nel pianale ed esiste un altro motore elettrico dedicato ai servizi: grazie ad un lavoro certosino, la una distribuzione dei pesi ha un rapporto 41:59 tra i due assi e un centro di gravità più basso di 35 mm rispetto alla Enzo. Il motore elettrico per la trazione è montato dietro al cambio F1 doppia frizione per ottimizzare la distribuzione dei pesi e la ricarica delle batterie avviene sia in frenata che durante le fasi in cui il motore termico produce coppia in eccesso.

Moltissimo lavoro è stato poi fatto sull’aerodinamica e a Maranello dichiarano di aver raggiunto il livello di efficienza aerodinamica più elevato di sempre per una vettura stradale. Le appendici sia anteriori che posteriori, sia i profili dei diffusori che la portella del fondo che lo spoiler si muovono autonomamente alla ricerca del miglior compromesso tra maggior portanza e minor resistenza a seconda delle condizioni di marcia, sulla base di un numero sconfinato di parametri rilavati in tempo reale.

Anche se avete un milione e mezzo di euro che vi avanzano.. mi dispiace ma molto probabilmente non potrete averla in garage.. la Ferrari ha già ricevuto oltre 1000 richieste... ;(

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Maybach Exelero



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La storia della Exelero affonda le sue radici nel lontano 1938, quando la Casa tedesca approntò un prototipo di berlinetta aerodinamica allo scopo di collaudare un nuovo modello di pneumatici ad alte prestazioni fabbricato all'epoca dalla Fulda Tyres, la nota Casa produttrice di pneumatici per autovetture ed altri mezzi di trasporto. La partnership tra i due marchi, così stretta all'epoca, tornò più vivida che mai quasi settant'anni dopo, e precisamente nel 2005, quando la Maybach, tornata in attività tre anni prima con la super-ammiraglia 57.
La volontà, da parte della Fulda, di testare e promuovere il suo ultimo pneumatico ad alte prestazioni, fu alla base della rinnovata collaborazione tra quest'ultima e la Maybach stessa. Cominciò così un nuovo progetto destinato alla realizzazione di un nuovo prototipo sperimentale. Per quanto riguarda le linee della nuova vettura, esse nacquero dalla collaborazione fra il Politecnico di Design di Pforzheim ed il Centro Stile della DaimlerChrysler, cui il marchio Maybach è appartenuto fino allo scisma tra Daimler e Chrysler ed alla successiva nascita della Daimler AG (a partire da tale evento, sarebbe stata proprio la Daimler AG a detenere il marchio Maybach). Da tale collaborazione scaturì un corpo vettura assai profilato, imponente ma non per questo poco filante, anzi, i suoi 5.89 metri di lunghezza erano decisamente ben dissimulati, grazie anche agli enormi cerchi in lega da ben 23 pollici con pneumatici 315/25 ZR23. Si trattava di una coupé a due posti dalle linee aggressive e spigolose, il cui assemblaggio venne affidato alla Carrozzeria Stola di Torino.
Come base meccanica per la Exelero, si scelse quella della 57, con avantreno a bracci trasversali e retrotreno a bracci multipli. Il propulsore era anch'esso direttamente derivato dal potente V12 biturbo da 5980 cm³ e da 650 CV che già equipaggiava la 57 ed anche la sua versione a passo lungo, la 62. Ma in questo caso venne ulteriormente potenziato, arrivando ad erogare 700 cavalli (514 kW) a 5000 giri/min ed una coppia massima di 1020 Nm a 2500 giri/min. Le prestazioni dichiarate erano di 350 Km/h per la velocità massima, mentre l'accelerazione da 0 a 100 Km/h richiedeva 4"4. Quest'ultimo dato, che può apparire non eccezionale per una vettura di tale potenza, era giustificato dall'enorme massa che il propulsore doveva spingere, pari a 2.660 kg.
Durante i test effettuati con gli pneumatici Fulda (che tra l'altro portavano lo stesso nome della vettura), la Exelero raggiunse una velocità massima di 351,45 Km/h.


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ASTON MARTIN V8 VANTAGE N 400


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Il nome è stato ripreso da serie di vetture del passato che già se ne fregiarono come la Aston Martin V8 Vantage prodotta dal 1973 al 1990 e la Aston Martin Virage prodotta sino al 2000.
Questa vettura al debutto sul mercato è stata proposta inizialmente nel modello V8 Vantage, spinta da un motore V8 con angolo fra le bancate di 90°, ad aspirazione atmosferica, da 4,3 litri di cilindrata derivato dal 4,2 Jaguar. Il motore è assemblato a mano a Colonia, in Germania, nello stabilimento motori della Aston Martin. È fatto interamente di alluminio Eroga 385 CV (283 kilowatt) a 7000 giri/min e 410 newtonmetri a 5000 giri/min, il 75% della coppia è disponibile già a 1500 giri/min. Sono presenti delle valvole di Bypass speciali nel sistema di scarico, che permettono di ridurre la rumorosità ai bassi regimi, alzarla agli alti.
La V8 Vantage Coupé va da 0 a 100 Km/h in 5,0 secondi (6,0 la Roadster), mentre la velocità massima per entrambe si aggira intorno ai 280 Km/h.
Nel 2008 è stata introdotta una versione aggiornata del motore V8 in sostituzione del precedente, la cilindrata è passata a 4,7 litri auomentando l'alesaggio e la corsa dei cilindri, la potenza è salita a 426 CV sempre a 7000 giri/min, mentre la coppia raggiunge i 470 Nm a 5750 giri/min.
Nel 2009 è stata introdotta anche la versione V12 Vantage, equipaggiata con un motore V12 di 6 litri da 517 CV.
Presso il Salone dell'automobile di Francoforte del 2007, la Aston Martin ha presentato una versione speciale della V8 Vantage denominata N400. La vettura è stata creata per omaggiare il famoso circuito del Nürburgring Nordschleife, ed è stata modificata per competervi. Le prestazioni sono state aumentate, in quanto il propulsore ora eroga 406 CV di potenza equivalenti a 400 HP (da cui il nome) e 420 Nm di coppia motrice. Esteticamente, sono stati apposti numerose icone del circuito in varie parti dell'automobile. Sono stati indseriti nell’allestimento di serie anche navigatore satellitare, impianto audio Aston Martin Premium Audio System con potenza da 700W, sedili elettrici riscaldabili con memorie e cruise control.


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SAAB 96

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La carrozzeria è poco diversa da quella della Saab 93 , ma la parte posteriore ha subito miglioramenti nel 1960, fornendo più spazio, un bagagliaio con apertura più grande e un lunotto con una migliore visibilità posteriore. La parte anteriore della 96 è stata allungata per i modelli 1965, che vantano un nuovo motore e il radiatore è stato posto davanti al motore, modificando l'estetica della mascherina.
Nella Saab 96 il primo motore, montato longitudinalmente, era un 750 cc, 38 CV a tre cilindri due tempi. Nel 1963 la cilindrata è stata aumentata a 841 cc, 40 cv (30 kW), cambio a tre marce. Una versione da 57 cv (43 kW) con tre carburatori e miscelatore automatico per l'olio, è stato utilizzato nei modelli Sport e Monte Carlo. La potenza supplementare è stata ottenuta da una testa-cilindro modificata e diverso albero motore, offrendo maggiore rapporto di compressione complessiva. Nella Saab 96 del 1964 il motore è stato portato a 42 CV (31 kW) e cambio a 4 marce.
Per i modelli 1966, lo standard 96 841 cc, 46 CV (34 kW), con pre-mix di olio, è apparso con un carburatore Solex con gestione del minimo automatico (supplemento aria a freddo).
Nel 1967 viene adottato il motore della Ford Taunus V4: un quattro tempi, 1498 cc quattro cilindri, due testate contrapposte (appunto V4) , originariamente sviluppato per la Taunus del 1962.Il progetto Saab con questo motore a quattro tempi è stato chiamato 'Operazione Kajsa'. Altri motori a quattro tempi vennero testati in precedenza. Tra il 1962 e il 1964 Kjell Knutsson Ingvar Andersson e Rolf Mellde testarono tre differenti motori, Lloyd Arabella 897 cc e 45 cv, un Morris Mini 848 cc, 33 CV e una Lancia Appia con motore di 1089 cc e 48 CV. Tuttavia il V4 Ford era molto più facile da adattare al vano motore della 96. Il test è stato fatto in assoluta segretezza.Rolf Mellde prese un periodo di aspettativa e disse che stava seguendo il negozio di vernici del padre. In realtà si recò a Desenzano, nel nord Italia, con un prototipo 96V4 pronto per il test: durò cinque mesi e solo sette persone a conoscenza del nuovo motore. Il piano ha funzionato e il segreto è stato mantenuto fino a quando un giornalista qualche giorno prima della presentazione ufficiale ha notato un camion carico di 96s che avevano adesivi sui parafanghi anteriori con la scritta V4.
I primi motori V4 avevano 55 CV (48 kW) e 65 CV (48 kW) 1977-1980. La vettura faceva da 0-100 Km / h in 16 secondi. Il due tempi è stato usato fino nel 1968 per il mercato degli USA. La sua cilindrata è stata ridotta leggermente, a 819 cc al fine di seguire normative sulle emissioni che esentava i motori sotto i 50 in ³, mentre il V4 utilizzato nelle auto degli Stati Uniti ha avuto un motore 1700 cc a bassa compressione.
La data di ultima produzione per la Saab 96 era il 11 Gennaio 1980 (telaio 96806002814), l'ultimo VIN (96806002820) è stato prodotto il 3 gennaio 1980. Queste vetture sono state costruite dalla Valmet Automotive a Uusikaupunki , in Finlandia .
La Saab 96 sopravvisse fino alla nascita della Saab 99 e infine sostituita dalla Saab 900, per un totale di 547.221 unità.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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BENTLEY MULSANNE

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La Mulsanne è una berlina di lusso prodotta dalla casa automobilistica Bentley dal 2010. Il suo nome è un tributo alla cittadina francese di Mulsanne, il cui territorio è attraversato da una porzione non permanente del Circuit de la Sarthe, dove si disputa la celebre 24 Ore di Le Mans, di cui la Bentley ha vinto ben 6 edizioni.
La Mulsanne è il modello di punta, il più prestigioso del marchio Bentley. Erede della Arnage, che fu l'ultimo modello Bentley a risentire dell'influenza della storica collaborazione con la Rolls-Royce, la Mulsanne è anche il primo modello di ammiraglia concepito interamente dalla Bentley dal 1931, dopo anni di influenza Rolls-Royce ed è la seconda Bentley a portare questo glorioso nome.
Con questo modello di ammiraglia la Bentley ha completato la sua gamma, completamente rinnovata sotto il profilo stilistico e meccanico. Nell'estate 2012, la Bentley ha annunciato l'intenzione di coronare la gamma con la Mulsanne Convertible, la versione cabriolet che sarà commercializzata tra il 2013 e il 2014. Il prototipo definitivo è stato presentato a un selezionata cerchia di clienti e giornalisti in anteprima al 2012 Pebble Beach Concours d'Elegance.
Le maggiori novità della Mulsanne sono il nuovo design estremamente filante e sinuoso che le conferisce un'austera eleganza e un propulsore di nuova concezione. Il motore è un 6.75 litri V8 sovralimentato da due turbocompressori che eroga una potenza di 512 CV a 1.750 giri/minuto, con trazione posteriore e cambio automatico ZF a otto rapporti a controllo elettronico. La velocità massima dichiarata dal costruttore si attesta sui 296 Km/h, con un'accelerazione 0–100 Km/h in 5,3 secondi.
Gli interni sono in pelle lavorata a mano come da tradizione Bentley, con largo uso di radica e materiali pregiati. Il ricco equipaggiamento prevede una vasto uso di tecnologia d'avanguardia, tra cui il sistema audio Naim con 14 altoparlanti, un navigatore satellitare ad alte prestazioni, la possibilità di interfacciarsi con i più svariati dispositivi elettronici portatili e un'ampia scelta di esclusivi accessori, tra cui un vano refrigerato con bicchieri in cristallo incisi a mano.
Come di consueto, la Mulsanne è disponibile anche nella celebre ed esclusiva versione Mulliner.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 12 marzo 2013, 21:02 
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saleen s7



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La Saleen S7 è un'automobile supersportiva prodotta dalla casa automobilistica americana Saleen dal 2001 al 2006 e d'impiego sia da strada che da pista, tanto che veniva usata nel campionato FIA GT.
La Saleen S7 ha un 8 cilindri d'alluminio con 7.000 cm³. La S7 Twinturbo, come dice già il nome, ha lo stesso motore sovralimentato con due turbocompressori. Tutte le versioni sono equipaggiate con un cambio a sei marce.
Saleen S7:
Potenza: 575 CV
Coppia massima 712 Nm
giri/min massimi: 6.500
0-100 Km/h: 3,1 secondi
Velocità massima: 366 Km/h

Saleen S7 Twinturbo:
Potenza: 760 CV
Coppia massima 949 Nm
giri/min massimi: 7.000
0-100 Km/h: 2,79 secondi
Velocità massima: 391.5-2 Km/h


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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GTA SPANO



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La GTA Spano è una supercar spagnola costruita a Valencia dalla società GTA Motor , una società sorella di GTA Motor Competición .il progetto è iniziato nel 2005, ed è stato presentato al pubblico nel 2008, con il nome di GTA Concept. Le prime unità sono state prodotte e consegnate alla fine del 2010.
Dal 2008, un folto gruppo di ingegneri hanno lavorato al progetto, sotto la direzione di Domenico Ochoa, che ha oltre 15 anni di esperienza in auto da corsa, un punto chiave per lo sviluppo tecnico del veicolo. La macchina ha diversi brevetti in tutto il mondo (cinque completamente trattati secondo l'ultima presentazione della società) e farà uso della tecnologia mai implementata in un veicolo spagnolo.
Nel febbraio 2008 una presentazione pubblica e ufficiale del progetto è stata effettuata attraverso un modello nella Città delle Arti e delle Scienze di Valencia. Nel mese di agosto dello stesso anno, il primo prototipo ha iniziato dei test sul circuito Ricardo Tormo . Dal 19 aprile al 25 marzo 2010, la vettura è stata presentata ufficialmente al salone Top Marques Monaco.Solo 99 unità saranno costruite al fine di mantenere la sua esclusività. La loro produzione avviene esclusivamente in Riba-roja de Turia , la città dove GTA Motor ha stabilito le sue strutture principali.
L'ultima versione della vettura presente al salone di Ginevra 2013 con un 900 CV (671 kW) e con 1000 Nm di coppia, che è stata limitata elettronicamente.
Il telaio è stato realizzato combinando in fibra di carbonio , titanio e kevlar , che lo rende un punto di riferimento nel settore. Il suo motore V10 è in posizione longitudinale posteriore e fornisce una potenza di 820 CV e 960 Nm di coppia.
La Spano si caratterizza per l'esclusività delle sue linee e le sue prestazioni elevate. La vettura raggiunge una velocità massima superiore non ufficiale di 350 Km / h, e lo 0-100 in meno di tre secondi.
La Spano ha un rapporto di potenza-peso di 0,62 CV / kg e le ruote di grandi dimensioni, vale a dire 255/35R19 davanti e 335/30R20 al posteriore, con Pirelli PZero come opzione standard . la frenata è gerantita da pinze a sei pistoncini da AP Racing e un sistema di dischi in carbo-ceramica 380 millimetri di diametro.
Il design esterno è stato realizzato da Pallardó Sento stilista di Valencia. Il tetto panoramico in vetro, che ha un sistema brevettato di opacità e di illuminazione, dà un senso di spaziosità interna.
Motore: 8.3 litri V10
Potenza: 780 CV (582 kW) (840 CV (626 kW) con bio-etanolo)
Sospensione: multi-regolabile
Pneumatici: Pirelli PZero
Peso: 1,350 kg
Capacità serbatoio carburante: 110 l
Velocità massima: 350 Km / h
Accelerazione 0-100 kp / h: 2.9 sec


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