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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 aprile 2013, 12:24 
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Per non parlare d questo splendore di macchina :roll:

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 aprile 2013, 15:37 
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ORRIBILE!!!!!!!!!!!!!!!

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 aprile 2013, 21:50 
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Esternamente era un cesso, ma internamente era veramente spaziosa.
Mi dispiace che la Rover abbia chiuso il settore auto, ho avuto una Rover 213 SE un gioiellino interni curati e silenziosa :(

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La differenza fra la genialità e la stupidità è che la genialità ha i suoi limiti.
Albert Einstein

Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
Giovanni Falcone


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 8 aprile 2013, 15:49 
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OPEL GT

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Commercializzata a partire dal settembre 1968, la GT di casa Opel fu il primo esempio di auto sportiva coniato dalla General Motors.
La genesi della GT risale a tre anni prima, quando al salone dell'automobile di Francoforte del 1965, fu presentato il prototipo Experimental GT, una vettura creata su base della Kadett B e con un propulsore 1900cm³ da 90 CV, derivato da quello montato sulle contemporanee Rekord B. Il prototipo suscitò clamore per via delle sue linee aerodinamiche, per gli allestimenti interni di stampo nettamente sportivo e per il corpo vettura dal baricentro basso che ricordava da vicino le Corvette C "Sting Ray" (da notare che la Chevrolet, così come la Opel erano entrambe sotto il gruppo General Motors).
Il modello definitivo uscirà solo tre anni più tardi, una gestazione piuttosto lenta, ma necessaria a convincere i vertici Opel, dal momento che la Casa tedesca non vantava una gran tradizione dal punto di vista delle coupé sportiveggianti, essendosi limitata fino a quel momento a tranquille versioni coupé delle paciose berline che avevano in listino.
La carrozzeria della GT era firmata dalle carrozzerie Chausson e Brissoneau&Lotz, che curavano rispettivamente la realizzazione grezza e le finiture. L'assemblaggio definitivo e la meccanica erano invece opera dello stabilimento di Bochum, dove venivano assemblate anche le Kadett.
Al momento del lancio La Opel GT era proposta nelle motorizzazioni da 1100 cm³ erogante 60 CV e da 1900 cm³ con 90 CV, con velocità massima dichiarata, rispettivamente, di 155 e 185 Km/h.
La GT 1100, mai importata in Italia, non riuscì ad incontrare il successo del pubblico e, nel 1971, fu tolta di produzione per essere rimpiazzata dalla GT/J 1900, ossia la versione semplificata ed economica della "GT 1900".
Nello stesso anno, a causa delle leggi anti-inquinamento statunitensi, il propulsore da 1.9 litri, l'unico rimasto nella gamma, subì una revisione che portò ad una leggera diminuzione della potenza a 85 cv, ma solo negli esemplari destinati oltreoceano.
A questo proposito va ricordato che la quasi totalità delle vetture è stata destinata al mercato statunitense e solo in una percentuale molto più bassa sono state commercializzate in Europa.
Nell'arco dei suoi anni di produzione 1968-1973 ne sono stati prodotti più di 100.000 esemplari (103.463) di cui solo 3.573 nella cilindrata minore da 1.1 litri.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

uscita di fabbrica venerdì 26 aprile 2013


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 14 aprile 2013, 16:56 
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:sisi: risplveriamo un po' questo topic....

MERCEDES-BENZ 300 SL W194

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Nell'immediato dopoguerra, la situazione per la Mercedes-Benz non era certamente facile: gli stabilimenti bombardati e semidistrutti, poche risorse economiche a disposizione ed una pessima reputazione acquisita dalla Daimler-Benz a livello internazionale per essere stata costretta a costruire i micidiali aerei utilizzati dai Tedeschi durante il sanguinoso conflitto. Come se non bastasse, le autorità statunitensi avevano preso il controllo della zona in cui sorgevano i principali stabilimenti, quelli di Untertürkheim, Sindelfingen e Mannheim. Altri stabilimenti erano sotto il controllo di Francesi (Gaggenau) e Sovietici (Marienfelde). Nel settore americano, dove veniva concentrata gran parte della produzione, ai vertici Daimler-Benz venne imposto di non produrre autovetture di nuova progettazione. L'unica vettura che fu possibile tornare a produrre fu la 170V, il cui progetto risaliva al 1935 e che fu l'unico modello le cui linee di montaggio erano ancora integre.
Fu questa vettura a riavviare lentamente il processo produttivo della Casa tedesca. Nel 1949 decadde il divieto imposto dagli americani e la Mercedes-Benz poté tornare a progettare nuove autovetture, ma le risorse restavano comunque poche, nonostante il successo ottenuto dalla 170V e dalla sa versione a gasolio, la 170D.
La casa automobilistica tedesca si prefisse due obbiettivi: ritornare al prestigio di un tempo nella produzione automobilistica e gareggiare nuovamente nelle corse automobilistiche per cogliere successi sportivi. Mentre il primo diktat venne soddisfatto nel 1951 con l'arrivo della Typ 300, per il secondo si doveva utilizzare ciò di cui già si disponeva. Gli uomini chiave di questa rinascita furono il vertice Daimler-Benz Wilhelm Haspel, il direttore tecnico Fritz Nallinger ed il responsabile dello sviluppo progetti, Rudolf Uhlenhaut.
Il 27 marzo del 1950 il progetto prese il via: una delle più grandi novità fu rappresentata dall'innovativo telaio a traliccio di tubi, molto leggero e dotato di una rigidità torsionale senza eguali. Il suo sviluppo verticale all'altezza delle fiancate costrinse i progettisti ad ideare un nuovo tipo di apertura delle portiere, denominata "ad ala di gabbiano", poiché incernierata sul tetto e la cui apertura suggeriva l'immagine di un gabbiano in volo. Questa soluzione è stata comunque impiegata solo nelle 300 SL W194 con carrozzeria coupé, ma ne sono esistite anche con carrozzeria roadster. In questo caso, il problema delle portiere è stato risolto utilizzando un tipo di apertura "a compasso", simile in tutto e per tutto a quelle utilizzate vent'anni più tardi sulle Lamborghini Countach.
Meccanicamente, si scelse un motore 6 cilindri in linea di 3 litri di cilindrata denominato M186 della Typ 300 e lo si sottopose ad approfondite rivisitazioni per ricavarne una potenza decisamente superiore. Nacque così il motore M194, in grado di erogare fino a 175 CV di potenza massima. Anche le sospensioni ed il cambio derivavano dalla produzione in serie.
Nel novembre del 1951, i primi prototipi vennero testati su pista, mentre il 12 marzo del 1952 la vettura definitiva venne presentata alla stampa.
Da qui in poi prese il via una vittoriosa carriera agonistica, in gran parte inaspettata anche per la stessa Mercedes-Benz, proprio perché la 300 SL nacque in gran parte dalla produzione di serie, senza un vero e proprio progetto dedicato.
In realtà, sia i progettisti Mercedes-Benz, sia il reparto sportivo, capeggiato da Alfred Neubauer, non riponevano grandi speranze nella 300 SL. I veri sforzi in campo sportivo erano diretti verso la produzione di due vetture nate sotto lo stesso progetto, ossia la W196 da Formula 1 e la 300 SLR destinata a rimpiazzare la stessa 300 SL. Ed invece la 300 SL seppe cogliere una quantità di successi oltre le più rosee aspettative.
Il suo debutto sportivo avvenne alla Mille Miglia di quello stesso 1952. Qui la 300 SL di Kling-Klenk giunse seconda dietro ad una Ferrari. Questa gara rimase l'unica in cui la 300 SL non avrebbe vinto, pur conquistando comunque un risultato notevole. Da lì in poi fu tutto un susseguirsi di vittorie: a Berna, in Svizzera, due 300 SL tagliarono il traguardo ai primi due posti; inoltre la 300 SL si classificò prima alla 24 Ore di Le Mans (con equipaggio Lang-Reiss), prima alla Carrera Panamericana (Kling-Klenk) ed al Nürburgring ben quattro 300 SL si aggiudicarono i primi quattro posti.
La Carrera Panamericana fu l'ultima gara ufficiale in cui la 300 SL venne impiegata. Nel 1953 venne studiata e realizzata una versione del motore M194 alimentata ad iniezione, ma dopo un test su pista ci si accorse che il progetto W196 era oramai in fase avanzata e si preferì sacrificare la carriera agonistica della W194. Ma il motore ad iniezione realizzato servì da base per una nuova applicazione, questa volta stradale, diventando il propulsore della 300 SL Ali di gabbiano.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

uscita di fabbrica venerdì 26 aprile 2013


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 16 aprile 2013, 8:34 
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grazie marco... :inc: vediamo di recuperare qualcosa....


porsche 917/20 maialino rosa


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Si tratta di una versione sperimentale della 917, studiata in collaborazione con l'azienda francese S.E.R.A., specializzata in studi aerodinamici, impiegata dalla Porsche nella 24 Ore di Le Mans del 1971. Con la 917/20 fu estremizzato il concetto aerodinamico del modello 917, cercando di realizzare una sorta di anello di congiunzione tra la 917K (Kurz, ovvero coda corta, passo corto) e la 917LH (Langheck, coda lunga, passo lungo). In seconda analisi, la 917/20 costituiva una sorta di prototipo di studio per le future modifiche volte a trasformare la 917 per la serie americana Can-Am[11].
Accorciata rispetto alla versione LH, la 917/20 recuperava superficie aerodinamica tramite un allargamento della carrozzeria. Il posteriore vide scomparire lo spoiler tipico della LH, sostituito da un nolder pronunciato, cui si aggiungevano due superfici aerodinamiche in coda, verticali, utili a stabilizzare la vettura in velocità. Il telaio a tralicci, sostanzialmente il medesimo della 917K, fu realizzato in magnesio: si trattava di una soluzione estremamente all'avanguardia, capace di garantire un considerevole risparmio di peso e, conseguentemente, una migliore distribuzione delle masse. Tuttavia il magnesio, rispetto all'alluminio ed all'acciaio (materiali con i quali, tradizionalmente, venivano realizzate le scocche all'epoca), era altamente infiammabile: in caso di incidente, la 917/20 avrebbe corso seriamente il rischio di bruciare in un incendio, qualora fossero stati danneggiati i serbatoi del carburante.
Il propulsore della 917/20 era il boxer 12 cilindri di 4,9 litri, capace di erogare 600cv a 8.400 giri/min., dotato di raffreddamento ad aria, forzata tramite la classica ventola posta sul dorso del motore. La vettura, complessivamente più tozza e meno armonica nelle linee rispetto alle altre 917, fu colorata di rosa, e sulla carrozzeria furono disegnati i tagli della carne, con tanto di indicazioni del tipo "lombata", "costolette", "prosciutto". Questa caratteristica livrea, unitamente alle forme meno aggraziate, le fecero guadagnare il soprannome di "Der Truffeljäger" (tedesco: La Cercatrice di tartufi), "Maialino rosa", o "Pink Pig". Immediatamente, la vettura divenne il soggetto preferito di molti fotografi specializzati nel settore automobilistico, che dedicarono pagine e copertine a questa stravagante incarnazione della 917.
Alla 24 Ore di Le Mans la 917/20, nel corso delle pre-qualifiche, la vettura di dimostrò molto veloce, chiudendo i test con il miglior tempo assoluto. Sebbene non riuscì a ripetere l'exploit nel corso delle qualifiche ufficiali, la 917/20 in gara occupò stabilmente le posizioni di testa. Purtroppo, mentre era in sesta posizione, in pieno recupero sulle vetture di testa, un guasto ne interruppe ogni velleità. Ritirata quindi dalle competizioni, terminò i suoi giorni nel museo della casa, quale una delle principali attrazioni.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 16 aprile 2013, 14:44 
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TALBOT SUNBEAM

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A metà anni settanta, la Chrysler aveva la forte necessità di un'utilitaria dal design più moderno che andasse a prendere il posto della poco fortunata Hillman Imp nella gamma e contribuisse, con grandi volumi di vendita, a risollevare la divisione europea della Casa americana dalla situazione di crisi economica in cui versava. Per ridurre i costi di produzione si decise di sfruttare la componentistica già esistente. Come base venne presa la Hillman Avenger, nata sette anni prima. Da qui l'anomala (per un'utilitaria) impostazione tecnica, con trazione posteriore e retrotreno ad assale rigido. Il motore, rispetto alla Imp, tornava anteriore longitudinale. Nessuna novità per cambio (manuale a 4 marce) e freni (con dischi davanti, tamburi dietro e servofreno). Dal punto di vista estetico la vettura si presentava come una hatchback a 2 porte, dalle linee piuttosto squadrate che anticipavano in pieno l'impostazione stilistica della successiva Horizon. Per il nuovo modello, lanciato nel 1977, venne scelto il nome di Sunbeam (degradato quindi da marchio a modello. La Sunbeam, equipaggiata con un 4 cilindri in linea con albero a camme in testa di 928cm³ (evoluzione di quello della Imp) da 45cv o, in alternativa, con un 4 cilindri con albero a camme laterale di 1295 cm³ (di origine Avenger) da 59 CV, era disponibile negli allestimenti 1.0 LS; 1.0 GL; 1.3 GL e 1.3 GLS. Entrambe le motorizzazioni erano alimentate da 1 carburatore singolo Zenith.
Nonostante alcune critiche, dovute principalmente alla scarsa abitabilità posteriore, alla maneggevolezza non esaltante (il telaio non era modernissimo) e all'affidabilità (veniva assemblata nel turbolento stabilimento di Linwood), la Sunbeam finì con il riscuotere un discreto successo. Un suo punto debole era costituito dalla scarsa capacità del bagagliaio, penalizzato appunto dalla disposizione degli organi meccanici. L'accesso, invece che dal classico portellone, era fornito da un lunotto apribile; le dimensioni di quest'ultimo erano perciò tanto elevate da risultare sproporzionate in rapporto alla carrozzeria. Nel 1979 la gamma si arricchì delle versioni 1.6 GLS e 1.6 Ti, entrambe spinte da un 4 cilindri con albero a camme laterale di 1598 cm³. La prima però, alimentata da 1 solo carburatore, aveva una potenza di 80 CV, la seconda, grazie ai 2 carburatori Weber toccava i 100 CV. La Ti, caratterizzata esternamente da uno ampio spoiler, da un alettone in gomma nera alla base del portellone posteriore, dai cerchi sportivi e da un'ampia fascia adesiva nera alla base delle fiancate, si poneva in diretta concorrenza con le prime Golf GTI, rispetto alle quali vantava un prezzo di listino molto più concorrenziale.
Nello stesso anno venne lanciata la Sunbeam Lotus, equipaggiata dal 4 cilindri bicarburatore 16 valvole Lotus di 2174 cm³ da 155 CV (nella versione stradale: le versioni da gara superavano i 230 CV) e opportunamente adeguata nel resto della meccanica (freni, sospensioni, sterzo) alle maggiori prestazioni. La Sunbeam Lotus vinse nel 1981 il Campionato Mondiale Rally grazie ad Henri Toivonen e Guy Frequelin.
Con questo risultato la Sunbeam si congedò dal mercato alla fine del 1981, rimpiazzata dalla Talbot Samba, dopo circa 200 000 esemplari prodotti (di cui 10.113 1.6 Ti e 2308 Sunbeam Lotus). Con lei se ne andò anche lo stabilimento di Linwood che venne chiuso.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 17 aprile 2013, 17:10 
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non ricordo se era già stata postata.....


LANCIA THEMA 8.32

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Nel maggio 1986 venne presentata la versione 8.32 denominazione che indicava il numero dei cilindri, 8, e delle valvole, 32 del potente motore capace di erogare 215 CV di stretta derivazione Ferrari 308 e Mondial Quattrovalvole che la rese l'auto a trazione anteriore più potente del mondo e per il quale fu subito soprannominata Thema-Ferrari. Il motore dovette subire numerose modifiche per permetterne l'inserimento nel cofano della vettura. La 8.32 aveva interni sfarzosi per l'epoca, rivestiti interamente di radica, pelle Poltrona Frau e/o Alcantara, in modo tale che la mano del cliente non potesse toccar altro che materiali pregiati. Esclusive e distintive pure le dotazioni, dai poggiatesta posteriori a scomparsa automatica - dalla seconda serie (si sollevano se dei sensori posti sotto i sedili posteriori rilevano un peso di almeno 20 kg), alle sospensioni elettroniche con taratura automatica o sportiva selezionabili dal conducente alla plancia (a richiesta su entrambe le serie ma standard sugli ultimi esemplari della seconda serie), classica e sportiva insieme, realizzata con strumenti analogici montati su un pannello di vera radica e bocchette in stile Ferrari, all'alettone posteriore a scomparsa nel baule attivabile tramite la rotazione della leva di comando del tergicristalli. Ne vennero prodotti fra I e II serie 3.520 esemplari (2370 della prima serie e 1150 della seconda). All'interno di queste 3.520 unità, sono conteggiate 64 unità di una serie speciale numerata (32 per la prima serie ed altrettante per la seconda) di color Rosso Ferrari. Ne fu anche realizzato un unico esemplare in versione Station Wagon destinato all'Avvocato Agnelli, di colore argento Nürburgring e interni in pelle blu (non disponibili sulla berlina). I colori disponibili erano il molto apprezzato rosso winner metallizzato (colore di lancio), nero metallizzato, grigio quartz metallizzato (raro), blu blizzard metallizzato e verde reflex metallizzato (il meno diffuso in assoluto) oltre alla serie speciale rosso Ferrari. Le tonalità degli interni in pelle o in Alcantara erano 2: nero e beige. La carrozzeria aveva un caratteristico filo a doppio colore sulle due fiancate laterali e lungo il bordo del baule. Giallo/rosso in abbinamento al colore rosso winner, Giallo/blu in abbinamento al blu blizzard, Giallo/verde in abbinamento al verde reflex, Giallo/nero in abbinamento al grigio e Giallo/grigio chiaro in abbinamento al nero. La differenza principale tra la prima e la seconda serie a livello estetico esteriore sono i proiettori anteriori, ma numerosi dettagli differenziano le 8.32 prima e seconda serie. La prima serie è priva delle modanature sulle fiancate, riporta il logo 8.32 nel sottoporta, ha il logo frontale 8.32 sovrastato dal tricolore, così come la targhetta posteriore è dotata di tricolore verticale. La prima serie inoltre ha gli "spruzzini" del tergicristallo collocati alla base del parabrezza e non sul cofano come diversamente accade per le seconda serie. Con questo modello Lancia si confronta con l'agguerrita concorrenza straniera, che ha sul mercato vetture come la BMW M5, e le Mercedes-Benz 500E e 190E 2.3 16V.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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L'aveva un amico di mio fratello maggiore.....era fantastica...e il suono del motore era spettacolare dall'interno..

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“Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro.”
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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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ce l'aveva anche un ex datore di lavoro di mio padre........una volta avevano fatto Novara-Gallipoli "in tempo record".... :D

JAGUAR XJ-S

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La prima XJ-S venne presentata nel 1975 ma entrò effettivamente in produzione nel 1976. Il motore utilizzato era il V12 da 5,3 litri prodotto dalla stessa Jaguar. Inizialmente era possibile montare sulla vettura il cambio manuale o il cambio automatico. In seguito il cambio manuale venne eliminato e tutte le vetture montavano la sola trasmissione automatica.
Per quanto riguarda le prestazioni la vettura raggiungeva i 100 Km/h in 6,9 secondi mentre la velocità massima era di 240 Km\h. La XJ-S venne utilizzata anche nelle competizioni. Il team Group 44 realizzò una vettura da competizione che partecipò al campionato Trans Am, vincendo nel 1977 il campionato costruttori.
Il lancio di questa nuova auto coincise però con la grande crisi petrolifera degli anni settanta che rendeva assai ristretto il mercato per una vettura da 5,3 litri di cilindrata. Inoltre la XJ-S si attirò anche delle critiche per le sue linee ed in particolare per gli speroni volanti realizzati sotto i finestrini.
La Jaguar vide una possibilità di promozione nella serie televisiva Il ritorno del santo (The return of the Saint) nella quale il protagonista, Simon Templar interpretato da Ian Ogilvy possedeva una XJ-S. La targa di questa vettura era, non a caso, 'ST1. La Corgi realizzò un modellino della vettura che divenne molto popolare.
Per rispondere a coloro che non vedevano nella XJ-S il successore della E-Type venne realizzata da Pininfarina una vettura sportiva da esposizione che ne utilizzava la meccanica. Questa vettura non entrò mai in produzione.
Nel 1981 la XJ-S ricevette il nuovo motore V12 HE (High Efficiency) ad alta efficienza per migliorare i consumi della vettura. La nuova XJ-S HE, come venne denominata, era la più veloce vettura a trasmissione automatica del mondo con i suoi 249 Km/h. Nel 1982 la vettura arrivò ai primi due posti nella gara Turismo di Silverstone.
Nello stesso anno uscì una versione dotata del nuovo motore AJ6 sei cilindri in linea bialbero 24 valvole da 3,6 litri e venne presentata la versione Targa due posti, la XJ-SC. Quest'ultima entrò in produzione nel 1985 e dopo tre anni venne sostituita da una versione convertibile, sempre biposto, realizzata in collaborazione con la carrozzeria Karmann.
Nel 1988 e nel 1989 la Jaguar per celebrare le vittorie a Le Mans presentò delle versioni speciali della XJ-S. Queste vetture uscivano di fabbrica già dotate di un kit per la carrozzeria e con cerchioni in lega leggera. Le prestazioni vennero, di poco, migliorate. Queste vetture speciali erano dotate del motore da 5,3 litri V12.
La vettura venne completamente rivista nel 1991. Anche la sua denominazione cambiò in XJS. Per la versione convertibile bisognò attendere ancora un anno. Esteticamente le modifiche principali apportate alla vettura erano date dai finestrini posteriori che vennero ingranditi. Vennero mantenuti gli speroni in quanto secondo il designer Geoff Lawson erano parte del carattere della vettura.
Il motore "AJ6" da 3,6 litri venne eliminato e sostituito con la versione portata alla cilindrata di 4 litri. Nel 1996 anche il motore da 5,3 litri scomparve per lasciare il posto al motore da 6 litri. Venne anche introdotta, quale vettura top della gamma, una versione 2+2 convertibile. La produzione della vettura cessò il 4 aprile del 1996 e fu sostituita dalla nuova XK.

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BMW Z1

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La prima presentazione alla stampa della Z1 avvenne nel 1986 mentre la presentazione ufficiale avvenne al salone dell'automobile di Francoforte del 1987. La maggior parte degli esemplari prodotti venne venduta sul territorio tedesco con l'Italia come primo paese di esportazione. Dopo l'arresto della produzione nel 1991 la BMW non ebbe più alcun modello specifico di spyder in catalogo fino alla presentazione della Z3 avvenuta nel 1995.
La BMW Z1 fu disegnata in un periodo di oltre tre anni nel settore BMW Technik GmbH. Lo sviluppo della vettura è globalmente attribuito al Dr. Ulrich Bez e ai suoi collaboratori (Alexander Pregl, Rudolf Müller, Lutz Janssen, Wolf-Henryk Menke, Dieter Schaffner, Klaus Faust, Sabine Zemelka e Stephan Stark). La direzione del progetto fu però affidata al Dr. Klaus Faust quando Bez, nell'ottobre 1988, lasciò la BMW per trasferirsi alla Porsche.
La Z1 è oltretutto la prima della serie Z (iniziale della parola Zukunft, che in tedesco significa futuro) della BMW, serie caratterizzata da stile e prestazioni sportive e da un'impostazione di roadster esclusivamente a due posti, a cui appartengono anche la Z3, la Z4 e la Z8.
Lo studio aerodinamico fu molto approfondito con il risultato che l'auto presentava un coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,36 cx a tetto chiuso e di 0,43 cx a tetto aperto. Sempre per ottenere leggerezza, alte prestazioni e innovazione molte parti della vettura sono state realizzate in materiali plastici particolari e sono stati progettati per essere sostituiti con molta celerità. Infine, oltre al particolare meccanismo di ritrazione delle portiere, la BMW Z1 è stata una delle prime automobili ad aver utilizzato tecnologie e innovazioni come i fari lenticolari e i roll-bar integrati con il design della vettura.
Ma la grande particolarità di questa automobile è la futuristica ritrazione degli sportelli laterali verso il basso, i quali, tramite motori elettrici, scendono verticalmente scomparendo nella carrozzeria. L'operazione è ulteriormente perfezionata con la ritrazione automatica dei cristalli all'interno delle portiere stesse.
L'unico motore disponibile è un sei cilindri in linea, 12 valvole, da 2.5 l (2.494 cc) capace di erogare 170 cv (127 kW) a 5.800 rpm. È direttamente derivato da quello utilizzato sulla 325i, come del resto lo è il cambio.
Le prestazioni dichiarate per il modello erano di una velocità massima di 225 Km/h e una accelerazione da 0 a 100 Km/h in 7,9 secondi.

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cizeta moroder v16T


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La Cizeta V16T è un'automobile nata nel 1988, presentata al Los Angeles International Auto Show dello stesso anno ed attualmente ancora costruita dalla Cizeta Automobili U.S.A.
La vettura è una coupé sportiva biposto con l'aerodinamica creata da Marcello Gandini, considerata da Gandini stesso il vero prototipo della Lamborghini Diablo, anch'essa di sua progettazione. La Cizeta V16T montava un motore a V di ben 16 cilindri a 64 valvole,l'unico al mondo messo su strada.
In totale sono state prodotte 10 Cizeta: le prime sette prodotte tra il 1992 e il 1995 (1 prototipo + 6 V16T) e le altre 3 dopo, (2 V16T + 1 TTJ).
La versione spyder, denominata TTJ, è stata presentata al Concorso Italiano Show di Monterey, in California nel 2003.
La V16T viene tuttora (2010) prodotta dalla Cizeta Automobili U.S.A, solo su richiesta, con tempi di attesa che si aggirano sui 10 mesi. Il prezzo è di 849.000 dollari USA per la versione cabrio e 649.000 dollari USA per la coupé.


Lunghezza 4493 mm
Larghezza 2060 mm
Altezza 1115 mm
Passo 2690 mm
Massa 1701 kg


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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FERRARI 250 GT CALIFORNIA

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Gli Stati Uniti d'America erano divenuti un mercato di grande interesse per la Ferrari, soprattutto grazie alla reputazione di affermate vetture sportive prodotte dalla Casa automobilistica di Maranello, ed al lavoro di Luigi Chinetti, importatore della stessa. L’idea di proporre un modello studiato per il mercato statunitense fu di John Von Neumann, fiduciario della West Coast, che propose a Chinetti una serie di vetture adeguate al mercato americano. Chinetti fece propria l’idea e persuase Enzo Ferrari. Il proposito ebbe dunque seguito, con la produzione di 106 esemplari, di cui nove interamente in alluminio.
La parola “spyder” nella denominazione che fu data originariamente alla vettura è improprio, infatti il modello è più una cabriolet con tettuccio ripiegabile. La “250 GT California” ebbe origine dalle berlinette di quegli anni, dove rappresentava la versione aperta. Il nome “spyder” gli fu dato per distinguerla dalle altre cabriolet, che erano in produzione in concomitanza con il modello, ma nascevano dalle 250 GT Coupé stradali.
La carrozzeria fu progettata da Scaglietti per entrambe le serie. Fu costruita in lamiere d’acciaio, tranne le portiere ed il cofano, che erano in alluminio. Nove esemplari furono però fabbricati totalmente in alluminio, sempre prodotti dalla Scaglietti.
La 250 GT California fu fabbricata sulle stesse linee produttive delle berlinette, e condivideva con queste ultime le sospensioni, i freni e lo sterzo. Gli esemplari fabbricati avevano la guida a sinistra. Sugli ultimi modelli prodotti della prima serie furono introdotti i freni a disco sulle ruote, in sostituzione dei freni a tamburo. Le vetture della serie a “passo corto” erano piuttosto somiglianti alle “passo lungo”, tranne che per il passo del telaio, che era lungo 2400 mm invece di 2600.
I primi esemplari della prima serie avevano in dotazione un motore V12 da 3 L di cilindrata, che fu sviluppato e migliorato durante gli anni. La distribuzione era a monoalbero per bancata di cilindri, con candele comprese nella “V” del propulsore. In un primo momento l’accensione era costituita da una bobina d'accensione e singolo distributore, successivamente cambiata in una doppia bobina e relativo distributore. I modelli di transizione tra le due serie avevano invece le candele esterne alla “V” del motore, con sistema di distribuzione doppio, ed un impianto d'alimentazione con carburatori potenziati. Le ultime vetture della seconda serie conservavano il sistema di alimentazione con questa ultima soluzione, e le candele esterne alla “V” del motore.
Alcuni esemplari della “250 California” parteciparono a competizioni, con il motore interessato ad un’evoluzione che portò ad importanti sviluppi tecnici. Il miglior risultato fu il quinto posto alla 24 Ore di Le Mans del 1959 con alla guida Bob Grossman e Fernand Tavano. Quest’ultimo esemplare partecipò anche ad altre gare negli Stati Uniti d'America ed ottenne buoni risultati.
Il motore era anteriore, longitudinale e a V 12 di 60°. L’alesaggio e la corsa erano rispettivamente di 73 e 58,8 mm, mentre la cilindrata era di 2953,21 cc. Il rapporto di compressione era di 8,5:1 nella prima serie a passo lungo del '57 e 9,2:1 nella seconda serie a passo corto del '60, con una potenza massima erogata di 240 CV nella serie a passo lungo e 280 CV nella serie a passo corto a 7000 giri al minuto. La distribuzione era a un monoalbero con due valvole per cilindro. L’alimentazione era fornita da tre carburatori di marca Weber modello 36 DCL. L’accensione poteva essere singola o doppia, a seconda dei modelli, e con due spinterogeni. La lubrificazione era a carter umido, mentre la frizione era bidisco.
Il telaio era tubolare in acciaio. Le sospensioni anteriori erano indipendenti, con quadrilateri trasversali e molle elicoidali; quelle posteriori a ponte rigido con balestre longitudinali. Entrambe montavano ammortizzatori idraulici. All’inizio furono installati freni a tamburo per poi essere sostituiti da freni a disco. Il cambio era a quattro rapporti più la retromarcia, mentre lo sterzo era a vite senza fine e settore dentato.
La carrozzeria era di Scaglietti e fu costruita in lamiere d’acciaio, tranne le portiere ed il cofano, che erano in alluminio. Nove esemplari furono però fabbricato totalmente in alluminio, sempre prodotti dalla Scaglietti.
La 250 GT California raggiungeva una velocità massima che andava da 225 a 250 Km/h per la prima serie e da 250 a 270 Km/h per la seconda serie a seconda del rapporto al ponte finale che veniva montato.

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opel corsa opc




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La Opel Corsa è una delle auto che hanno segnato la storia del marchio Opel. Conta all'attivo quattro generazioni che l'hanno vista come una delle protagoniste del mondo cittadino.
Venduta sui vari mercati mondiali tramite altre aziende del gruppo General Motors è conosciuta anche come Vauxhall Corsa e Vauxhall Nova sul mercato britannico, Chevrolet Corsa in America latina, Holden Barina in Australia e Opel Vita in Giappone (a causa dell'omonimia con un modello della Toyota).
Le dimensioni contenute e un design adattatosi periodo dopo periodo, fase dopo fase, hanno fatto sì che sia divenuta una best-seller nel mondo delle utilitarie.
Durante gli anni settanta, la Casa di Rüsselsheim si rese conto che nel listino mancava un tipo di vettura assai importante e assai significativo, ossia una vettura di piccole dimensioni in grado di svolgere un compito da utilitaria, caratterizzata da piccole motorizzazioni, prezzo contenuto e costi di esercizio alla portata di chiunque. Inoltre, il successo di alcuni modelli europei, come la Fiat 127, la Ford Fiesta, la Renault 5 e la Peugeot 104 diedero un gran spinta alla Opel in quella direzione, convincendola degli effettivi sbocchi commerciali che una piccola vettura avrebbe potuto offrire.Nella prima metà del 2007 è stata introdotta una novità significativa, ossia la versione di punta, denominata Corsa 1.6 16V Turbo OPC, prima Corsa di serie a portare la sigla dell'Opel Performance Center. Questa vettura monta un propulsore da 1.6 litri sovralimentato ed in grado di sviluppare 192 CV di potenza massima.Ad aprile 2011 viene annunciata una nuova versione di punta, denominata OPC Nurburgring edition: pur mantenendo il motore 1.6 dotato di turbocompressore, la potenza aumenta da 192 CV a 210 CV e l' accelerazione 0-100 Km/h passa da 7,2" a 6,8". Viene prodotta in soli 500 esemplari e viene commercializzata a partire da giugno dello stesso anno. Esternamente si differenzia solo per il doppio scarico posteriore e per le pinze freno con logo Brembo maggiorate. Tecnicamente, si segnala la riprogrammazione dell'ESP e l'assetto che viene ulteriormente abbassato e affinato. Inoltre viene montato un differenziale autobloccante (meccanico) per incrementare la motricità in uscita di curva. Di serie i cerchi da 18 pollici.


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non si vede l'immagine....



ALFA ROMEO TZ3 e TZ3 CORSA

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Il concetto del "Progetto TZ3" ha origini molto remote sia nella storia della Zagato, sia in quella dell'Alfa Romeo, storie che per decenni hanno viaggiato in parallelo, soprattutto nelle competizioni automobilistiche. La TZ3 infatti non vuole solo festeggiare i 100 anni della casa automobilistica milanese ed i 90 dell'atelier lombardo, ma anche rievocare e riassumere la collaborazione quasi secolare fra le due case. Il percorso di tale concetto è determinato da due modelli ben distinti, presentati in due momenti diversi; Nel maggio 2010 viene presentata la TZ3 Corsa al Concorso d'eleganza Villa d'Este; quasi un anno dopo, nell'aprile 2011, viene presentata la TZ3 Stradale. Come per le sue antenate TZ1 e TZ2, la Tubolare Zagato 3 è un progetto frutto da una stretta collaborazione fra Alfa Romeo e Zagato, con la partecipazione anche del Centro Stile Alfa Romeo. La TZ3, quindi, è l'ultima delle tre vetture presentate nel 2010 in occasione dei cent'anni dell'Alfa Romeo da parte delle tre carrozzerie più rinomate della scena automobilistica italiana, infatti poche settimane prima sia la Bertone con la Pandion sia la Pininfarina con la 2uettottanta hanno reso omaggio alla casa milanese. Sebbene le iniziative possano essere sembrate indipendenti, la realizzazione di queste vetture è il frutto di una collaborazione ben precisa da parte dell'Alfa Romeo stessa con le carrozzerie che hanno contribuito a scrivere la sua storia.
La TZ3 Corsa è la prima delle due versioni a uscire nel mercato, e non poteva essere altrimenti, infatti, oltre ad essere un concept automobilistico e quindi anticipare le linee della vettura stradale, essa riprende fedelmente lo spirito da competizione delle storiche sorelle su base Giulia. Si tratta di una one-off ad alte prestazioni, di realizzazione completamente artigianale, presentato al pubblico al Concorso d'eleganza Villa d'Este, dove vince il premio Design Concept Award 2010. La vettura è a tutti gli effetti un'auto da competizione, ed è nata con questo scopo: la carrozzeria milanese, infatti, tiene a precisare sin dalla sua presentazione sul lago di Como che non si tratta solamente di un esercizio di stile ma una vera vettura da gara, volta a rappresentare tutti i successi avuti nelle competizioni durante il XX secolo.
La vettura è destinata a rimanere un esemplare unico ed è di proprietà di colui che l'ha finanziata: Martin Kapp, un famoso collezionista di Alfa Romeo firmate Zagato.
La vettura si presenta con una carrozzeria molto estrema e rara da trovare fra i modelli di recente concezione (di recente una carrozzeria simile è stata adottata dalla SVS Codatronca TS realizzata dallo stesso creatore delle Giulia Tubolari Zagato, Ercole Spada); infatti la carrozzeria della TZ3 è molto ispirata a quella delle sue antenate TZ1 e TZ2. Non è una vera e propria berlinetta perché tutto il corpo vettura è notevolmente rivolto al mondo delle competizioni, inoltre la coda è tronca e molto alta per ottimizzare il comportamento aerodinamico della vettura stessa, rendendola molto simile alle altre vetture del passato studiate appositamente per questo scopo, come la Ferrari 250 GT Drogo o le Tubolari Zagato su base Alfa Romeo Giulia.
Il corpo carrozzeria è interamente in lega d'alluminio leggera battuta a mano, mentre il telaio è costituito da una vasca in fibra di carbonio (come l'Alfa Romeo 4C Concept) e da una struttura tubolare in acciaio.
La TZ3 Stradale arriva nel mercato un anno più tardi rispetto alla one-off TZ3 Corsa, e presenta rilevanti differenze dalla sorella da competizione. Viene prodotta in piccola serie, 9 esemplari, e costruita su base Dodge Viper ACR, grazie all'acquisizione di Chrysler Group da parte di Fiat SpA.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 22 aprile 2013, 16:08 
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Per quel che riguarda l'Opel Corsa oltre alla versione OPC hanno fatto anche la Nurburgring Edition che è ancora più cattiva.

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DE TOMASO PANTERA

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La "Pantera" nacque nei mesi a cavallo tra il 1969 ed il 1970, su spinta della Ford, che voleva commercializzare una vettura a motore centrale ad elevate prestazioni per conseguire il duplice risultato di sfruttare commercialmente in Europa i successi sportivi ottenuti con la "GT 40" e contrastare il successo ottenuto dalla Corvette (di produzione General Motors) sul mercato statunitense.
La realizzazione della vettura fu affidata alla neonata De Tomaso che realizzò il prototipo rielaborando lo schema tecnico già sperimentato sulla "Mangusta", con carrozzeria disegnata da Tom Tjaarda. Assemblata negli stabilimenti della carrozzeria Vignale, all'epoca di proprietà della De Tomaso, la "Pantera" è una coupé a due posti con motore centrale dall'impostazione molto sportiva. La commercializzazione cominciò nella primavera del 1971.
Abbandonato il telaio a traliccio centrale della "Mangusta", per la "Pantera" lo staff tecnico della Casa di Modena guidato da Gianpaolo Dallara scelse la più economica soluzione della carrozzeria monoscocca, in quanto la Ford voleva vendere la vettura ad un prezzo concorrenziale e aveva bisogno di un elevato ritmo produttivo, incompatibile con il processo produttivo del telaio a traliccio. Il propulsore è il V8 Ford Cleveland di 5763 cm³ che, alimentato da un grosso carburatore quadricorpo Holley, eroga 330 cv. Tipiche, in rapporto all'impostazione generale della vettura, le altre soluzioni: trazione posteriore, sospensioni a triangoli sovrapposti (sia davanti che dietro), freni a disco autoventilati, cambio manuale a 5 rapporti sincronizzati ZF e differenziale autobloccante.
La Pantera, esportata negli Stati Uniti direttamente dalla Ford (che la vendeva attraverso la rete Mercury) ebbe un buon successo. Nel 1972 la versione standard venne affiancata dalla Pantera L, con paraurti maggiorati neri (per conformarsi alla norma che imponeva il test d'impatto a 8 Km/h senza subire danni) e allestimento più curato, mentre l'anno successivo arrivò anche la Pantera GTS. Quest'ultima era caratterizzata da un'aggressiva livrea bicolore (con cofano e parte inferiore della carrozzeria verniciati di nero opaco), da parafanghi allargati, da cerchi maggiorati e fu realizzata dietro pressione dei clienti americani, attratti dalla versione della GTS venduta in Europa a partire dal novembre 1971, che era però spinta da un motore potenziato a 350cv.
L'improvviso disimpegno della Ford nel 1974 ebbe una serie di effetti negativi sulla produzione della Pantera: la perdita degli stabilimenti Vignale e della consulenza della Ghia (entrambe di proprietà Ford), l'aumento improvviso del prezzo di listino (a causa della riduzione a poche decine degli esemplari assemblati), la perdita della rete di vendita negli Stati Uniti. Il prestigio acquisito in quegli anni dalla Pantera con le numerose vittorie ottenute a partire dal 1972 nel Gruppo 4 e nel Gruppo 5 del Campionato Gran Turismo, tuttavia, "consigliò" a De Tomaso di proseguirne, nonostante le difficoltà, la produzione. Anzi proprio sull'onda di questi successi la gamma s'arricchì delle varianti GT5 (1980) e GT5-S (1985), caratterizzate (a imitazione delle versioni da gara) da vistose appendici aerodinamiche (spoiler anteriore, bandelle sottoporta, alettone posteriore), da parafanghi allargati e da abbondanti prese d'aria. Meccanicamente erano delle normali GTS.
La prima serie della Pantera venne prodotta fino al 1990 in 7258 esemplari.
All'inizio degli anni novanta, dopo 20 anni di produzione, la sportiva modenese iniziava ad accusare il peso degli anni, ma non c'erano le risorse finanziarie necessarie per progettare un modello totalmente nuovo. La casa si rivolse allora a Marcello Gandini per realizzare un profondo restyling del modello in produzione e la versione fu denominata SI (pronuncia: esse-i), a rimarcare il passaggio dai carburatori all'iniezione elettronica.
Gli interventi furono rilevanti e coinvolsero tutta la carrozzeria (frontale, coda, appendici aerodinamiche), donando alla vettura un aspetto muscoloso e aggressivo, sottolineato da un vistoso alettone posteriore (ispirato alla De Tomaso P70) e dal convogliatore d'aria alla base del parabrezza.
A livello meccanico, invece, l'unica novità riguardava il motore. Al posto del Cleveland, venne adottato un nuovo V8 (sempre di origine Ford Mustang) di 4942 cm³ a iniezione da 225 cv, elaborato dalla De Tomaso fino a 305 cv mediante nuove testate, alberi a camme, valvole, pistoni e collettori d'aspirazione. La Pantera 90 (altro nome con cui venne identificato il modello lanciato nel 1991 ed equipaggiato di serie con la marmitta catalitica) venne prodotta in soli 41 esemplari fino al 1993 e uno di questi fu pesantemente modificato nel motore per un cliente britannico mediante l'intallazione di due turbo e denominato Pantera 200.
Per la prima volta nel listino della Casa modenese la versione coupé venne affiancata dalla variante con carrozzeria targa, anche se in realtà i quattro esemplari prodotti furono allestiti tra il 1993 e il 1994 dalla Carrozzeria Pavesi di Milano sulla base di vetture nate con carrozzeria coupé ad un costo, per la sola conversione, pari a metà del prezzo di listino.

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NSU PRINZ

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La prima "Prinz" è una vettura berlina, con una linea del tetto piuttosto alta, capace di ospitare quattro passeggeri. Il motore da 600 cm³, progettato da Albert Roder, è un bicilindrico raffreddato ad aria montato posteriormente e dotato del raffinato sistema di distribuzione UVC, già utilizzato con successo per la produzione motociclistica NSU, in particolare sul diffuso modello "Max 250".
Nel 1958 venne introdotto un modello più sportivo: la "Sportprinz". Il primo modello della "Prinz" venne sostituito dalla "Prinz 4" nel 1961 ma rimase in produzione ancora per un anno.
La nuova "Prinz 4" era stata completamente ridisegnata e dotata di una linea chiaramente ispirata alla Chevrolet Corvair, pur con dimensioni decisamente più contenute. Il motore resta sempre un bicilindrico raffreddato ad aria. Anche questo nuovo modello si presenta come una vettura ben progettata. Interessante è il sistema di avviamento che comprende uno starter/generatore posto all'interno del basamento del motore. In seguito, con l'adozione del motore a quattro cilindri, questo sistema venne abbandonato a favore di un più convenzionale sistema basato su un motorino di avviamento e un alternatore separati.
La NSU Prinz rinnovata
Le dimensioni della "Prinz" crebbero con l'arrivo del modello "1000", "1000 TT" e "1200TT/TTS" introdotti a partire dal 1963. Questi modelli sono dotati di motore quattro cilindri, sempre montato nella parte posteriore della vettura. Si rivelarono dei modelli economici di vettura sportiva e per la famiglia, affidabili e con buona tenuta di strada che li rendevano piuttosto competitivi nel panorama produttivo dell'epoca.
Nel 1965 venne presentato il Typ 110 e nel 1967 la 1200. Questa vettura offriva agli occupanti uno spazio maggiore mentre le prestazioni, pur con il motore da 1.200 cm³, erano inferiori a quelle del modello più piccolo che manteneva l'unità da 1.000 cm³.
La NSU Prinz TT
Quando la NSU fu acquistata dalla Volkswagen il nome della Casa cambiò in quello di Audi-NSU AG ed i modelli più piccoli dotati di motore posteriore furono rapidamente eliminati in quanto diretti concorrenti del Volkswagen Maggiolino.

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Ce l'aveva il mio vicino di casa. Di colore arancione. Non ricordo che motorizzazione.

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a suo modo era un'auto particolare....

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