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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 27 aprile 2013, 16:17 
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l'aveva il cugino di mia mamma, di color verde.......io la chiamavo la vasca da bagno...vista di profilo mi ricorda una vasca da bagno in stile veneziano

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 27 aprile 2013, 16:54 
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Noi qui la chiamavamo la saponetta :haha:

Chi si ricorda di questa?
Altra auto di altri tempi.
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A metà degli anni cinquanta la Simca godeva di ottima salute economica: nonostante il tiepido successo del suo modello di punta, la Vedette, le vendite dell'altro modello in listino, la Aronde, stavano garantendo ampi introiti alla Casa di Nanterre (che già nel 1958 trasferirà le sue linee di montaggio a Poissy), portandola al secondo posto tra i costruttori francesi, subito alle spalle di un "gigante" come la Renault.
Ma questo scenario promettente cominciò a destare qualche preoccupazione nel patron della Simca, Enrico Teodoro Pigozzi, quando nel 1956 vi fu l'avvento della crisi di Suez, che instillò nelle popolazioni occidentali il timore che il petrolio subisse un'impennata di prezzo. In realtà, la preoccupazione non era molto marcata, tant'è vero che gli utili della Casa continuarono a mantenersi su ritmi sostenuti, e che tale trend finì entro poco tempo con il suscitare l'interesse della Chrysler, la quale in breve tempo avrebbe cominciato un lento processo di acquisizione della Casa francese. Ma nonostante tutto, anche alla fine della crisi di Suez, Pigozzi avvertì la necessità di allargare la gamma verso il basso. La vettura che Pigozzi aveva in mente non doveva in alcun modo richiamare alla mente la Simca 6, vettura che nonostante le ottime potenzialià, nel periodo a cavallo tra la fine degli anni quaranta e l'inizio del decennio successivo aveva avuto non poche difficoltà ad affermarsi sul mercato. La nuova vettura teorizzata da Pigozzi doveva essere più grande di un'utilitaria, ma più piccola di una vettura di fascia media come la Aronde.
Fin dal periodo pre-bellico, la produzione della Simca era sempre stata incentrata su modelli Fiat, naturalmente prodotti su licenza, e questa linea fu mantenuta anche dopo la fine della guerra. Nonostante la Aronde del 1951 si distaccasse nettamente dalla produzione Fiat, gran parte della meccanica era ancora indissolubilmente legata a quella dei modelli della Casa torinese, in particolare della Fiat 1100/103. Ciò fece sì che i rapporti tra Fiat e Simca rimanessero ancora ben saldi nella seconda parte del decennio, per cui la Casa transalpina trovò utile avvalersi ancora una volta dell'esperienza Fiat nel campo delle vetture di fascia bassa e medio-bassa. A tale scopo, i membri dello Stato Maggiore di entrambe le Case presero a mettersi in contatto sempre più frequentemente ed in particolare vi fu uno scambio di idee tra lo stesso Pigozzi ed il grande Dante Giacosa, all'epoca già "padre" della quasi totalità della produzione Fiat degli ultimi vent'anni: i due non poterono essere maggiormente d'accordo sulla necessità, per la Simca, di avere un modello di fascia inferiore a quella della Aronde. In breve tempo furono avviati due progetti paralleli, uno a Nanterre ed uno a Torino: quello avviato in casa Simca divenne noto come Progetto 950 (dal livello di cilindrata ipotizzato per la nuova vettura), mentre quello condotto al quartier generale della Fiat prese la sigla 122. Punti comuni ai due progetti erano quelli relativi alla realizzazione di una vettura compatta, di cilindrata intorno a un litro e della massa a vuoto pari a circa 650 kg. Pigozzi auspicava inoltre anche un'architettura meccanica del tipo "tutto dietro", ossia con motore posteriore e trazione posteriore, poiché aveva osservato che le più grandi concorrenti francesi stavano mantenendo ancora le ruote motrici posteriori ed alcune addirittura il motore sistemato sopra il retrotreno. Una tale situazione lasciava presagire ben poco dell'avvento della trazione anteriore che si sarebbe avuto di lì a sette anni.
Tra la fine del 1957 e l'inizio del 1958, comparvero i primi disegni schizzati dallo stilista Mario Revelli di Beaumont, all'epoca in forze alla Simca dopo diversi anni passati alla Fiat, fin dal periodo pre-bellico. Di lì alla realizzazione dei primi modelli in scala reale ci volle poco: sia da parte della Simca che da parte della Fiat, essi prefiguravano da vicino il modello definitivo, specialmente osservando il frontale (nel caso della Fiat) e la coda (nel caso della Simca), dove spiccava in entrambi i casi il tipico profilo a scalino che caratterizzerà il modello di serie. Uno degli elementi che caratterizzava il primo modello realizzato dagli stilisti Simca era il lunotto di forma tondeggiante, un elemento che in seguitò non verrà ripreso nel modello definitivo.
Se la carrozzeria si avviò rapidamente alla forma defintiva, un po' più lento era l'evolversi del comparto meccanico, a causa di svariate indecisioni sulla disposizione del motore e dei cilindri (orizzontale o verticale) e del tipo di cambio da utilizzare. Alla fine si optò per un motore verticale ed un cambio a 4 marce, per via dei costi più contenuti che essi richiedevano. Nel 1960, il progetto 122 della Fiat partorì il suo quarto modello a grandezza naturale: quando venne sottoposto al giudizio di Pigozzi, quest'ultimo fu molto entusiasta ed incaricò Revelli di Beaumont di apportare alcune piccole modifiche di dettaglio. D'altro canto, l'ultimo sbocco del progetto 122 non convinse affatto i vertici Fiat, i quali stavano nel contempo pensando di sfruttare tale progetto per realizzare l'erede della 600. Perciò la Fiat abbandonò il progetto 122, che cadde quindi per intero nelle mani della Simca. Contemporaneamente, vennero studiate altre soluzioni analizzando anche altri modelli contemporanei dotati della stessa architettura. Tra questi vi fu la Chevrolet Corvair, una vettura destinata a diventare tristemente famosa per la sua instabilità su strada. Come vedremo più avanti, però, i tecnici Simca estrapolarono da questa sfortunata vettura una soluzione alquanto utile.
Ma tornando alla Simca ed al suo progetto, va detto che l'intera fase di progettazione avvenne in un clima di fervore tanto più accentuato se si pensa che a non molti chilometri di distanza dallo stabilimento di Poissy, la Renault stava progettando un modello analogo, che alla Simca chiamavano Super Dauphine, ma che in realtà comincerà ad essere commercializzato come Renault 8 e che sarà una delle rivali di spicco della futura Simca 1000.
Nella primavera del 1960 cominciarono i test su strada dei primi prototipi della futura Simca 1000. Nel frattempo, Pigozzi richiese anche l'aiuto di un secondo grande stilista automobilistico italiano, quel Boano già autore di numerosi capolavori su base Ferrari. Boano intervenne in diversi particolari, ma tutti di dettaglio, ritenendo la vettura di Mario Revelli già un eccellente prova di design. Fu in questo periodo che si cominciò a dibattere sulla denominazione ufficiale da dare alla nuova vettura: in un primo tempo si pensò al nome Arielle, in maniera tale da dare continuità con i modelli Aronde ed Ariane; ma per contro, si pensò che tale scelta avrebbe comportato come rischio quello di far apparire come datata la nuova nata, visto e considerato che sia la Aronde che la Ariane erano due modelli destinati entro breve tempo ad essere pensionati. Perciò alla fine si optò per una soluziomne semplice e si scelse semplicemente il nome della fascia di cilindrata in cui la nuova vettura sarebbe andata a collocarsi: 1000.
Tra la fine del 1960 e l'inizio dell'estate del 1961 avvenne lo smontaggio delle linee della Vedette, ormai da togliere dal listino, a favore delle nuove linee di assemblaggio da destinare alla 1000. Si calcola che per l'arrivo delle nuove strutture siano stati movimentati ben 9 chilometri di camion per il trasporto a Poissy dei pezzi necessari al montaggio di ben 500 macchinari destinati all'assemblaggio della nuova vettura.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 27 aprile 2013, 18:07 
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NSU RO 80


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La storia di tale automobile risulta strettamente legata a quella del motore rotativo Wankel; infatti la NSU, che aveva collaborato con Felix Wankel allo sviluppo del motore a pistoni rotanti, pensò di costruire una berlina di prestigio che desse lustro al propulsore.
I primi prototipi uscirono nel 1966 per venire sottoposti ai test e nel febbraio dell'anno seguente si scelse il nome finale dell'autovettura. Il primo nome al quale si pensò fu "Typ 80", ma lo si dovette scartare in quanto la Mercedes-Benz lo aveva già utilizzato su una vettura da record. Si abbandonarono per ragioni simili anche "Rotary 80", "NSU Delphin" e "Rota". Alla fine si optò per NSU Ro 80 dove Ro stava per Rotationskolben (pistone rotante) e 80 indicava la sigla interna del progetto.
Nell'agosto del 1967 escono i primi esemplari e nel settembre l'auto viene presentata al Salone dell'auto di Francoforte. Nel 1968 la Ro 80 viene eletta auto dell'anno. L'ultimo esemplare uscì il 14 aprile del 1977; gli esemplari prodotti furono 37.500.

La Ro 80 era un modello di pregio, fornito di soluzioni tecniche all'avanguardia per l'epoca come i quattro freni a disco, le sospensioni indipendenti sulle quattro ruote ed il servosterzo. La trazione era anteriore.
Rimarchevoli anche gli studi aerodinamici fatti sulla carrozzeria della vettura che portarono ad una misurazione di 0,355 cx di penetrazione aerodinamica, valore tra i migliori in assoluto per l'epoca. La linea della carrozzeria fu opera dello stilista italiano Pio Manzù.
Il motore era formato da due pistoni rotanti con cilindrata unitaria di 497,5 cm³ (equivalenti all'incirca ad un 2.000 cm³ tradizionale). Il propulsore erogava 115 CV per una velocità massima di 180 Km/h. Gli ingombri erano quelli di una grossa berlina: rispettivamente 4,78 m di lunghezza, 1,76 m di larghezza e 1,41 m di altezza. Il peso totale era di 1.210 kg.

Il motore rotativo dimostrò parecchi problemi sotto il punto di vista dell'affidabilità con la necessità di interventi radicali già solo dopo una percorrenza di 50.000 Km. Questi problemi vennero in gran parte superati nelle versioni prodotte dopo il 1970, ma la fama del modello era ormai danneggiata irreparabilmente. L'insuccesso della vettura sul mercato contribuì al tracollo dell'azienda produttrice, che nel 1969 venne acquisita dal gruppo Volkswagen.
Con la cessazione della produzione di questo modello terminò anche la presenza sul mercato della gloriosa casa madre che, dal 1884, era riuscita a farsi una notevole fama sia in campo automobilistico che in campo motociclistico.

da WikipediA

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 27 aprile 2013, 18:12 
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C5 2.0 HDi 136 cv FAP 2006•••630.ooo Km in pensione con la quota 100......anzi 630
 
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NSU Ro 80 bellissima auto ma



'''''' LA GRANDE INCOMPRESA''''''

Giustificato per il tipo di motore che doveva essere perfezionato (motore Wankel) e di molto !!!!!!
Ma che esteticamente superava tutte le produzioni del tempo
diciamo che potrebbe essere considerata la deesse della NSU !!!!!

saluti clod


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 27 aprile 2013, 18:46 
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della serie,brutte ma efficaci..... :D

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L'AE86 è un piccolo, leggero coupé introdotto da Toyota nel 1983 come parte della quinta generazione di Toyota Corolla lineup.
L'AE86 era disponibile con un 4 cilindri bialbero 1587 cc motore 4A-GE in Giappone e in Europa, che è stato anche usato nella prima generazione di Toyota MR2 (AW11). Questo motore ha una potenza massima di 130 CV (150 N · m) di coppia L'AE86 fornito con un manuale a 5 marce del cambio , e poi è venuto con la possibilità di un cambio automatico. I motori 4A-GE usati nel AE86 e AW11 sono stati dotati di T-VIS (Variable Toyota Sistema di aspirazione).
L'AE86 utilizzato ventilati freni a disco . La vettura è stata dotata di un MacPherson stile sospensioni indipendenti all'anteriore e un assale a quattro bracci in diretta con molle elicoidali per il posteriore. Barre stabilizzatrici erano presenti alle due estremità.
Uno del personale che era dietro il lavoro di ingegneria della vettura era Nobuaki Katayama , che più tardi si diresse nel motorsport e che sarebbe diventato ingegnere capo del ALTEZZA progetto di un decennio più tardi.un articolo sulla rivista Auto nel mese di aprile del 1999, dichiarava che lui ha una AE86 appeso nel suo ufficio.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 28 aprile 2013, 8:49 
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:sisi: a proprosito di motori rotativi....

MAZDA 787B

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La Mazda 787/787B è uno sport prototipo costruito secondo i regolamenti FIA di Gruppo C, per gareggiare nella 24 Ore di Le Mans e nel Campionato mondiale sportprototipi. La particolarità della vettura sta nel propulsore che la spinge, si tratta di uno speciale motore rotativo, chiamato motore Wankel, qui in una versione quadrirotore denominata R26B; è passata alla storia essendo stata la prima vettura a vincere la 24 ore di Le Mans (1991) con l'ausilio di questo tipo di motore.
Il telaio della vettura è costituito da una monoscocca in fibra di carbonio, anche la carrozzeria adotta materiali compositi in kevlar carbonio, stesso discorso per l'impianto frenante, il tutto permette al prototipo un peso contenuto di soli 830 kg. Il motore di tipo Wankel è costituito da quattro rotori in linea, dotati ognuno di 3 candele di accensione, la cilindrata unitaria è di 654 cc per un totale di 2.616 cc, equivalenti secondo il criterio di correzione a 4.708 cc di un normale motore a pistoni. Il propulsore è in grado di sviluppare 700 CV a 9.000 giri/min, tutto sommato un regime contenuto per prudenza, dato che gli ingegneri Mazda rivelarono che oltre tale soglia la potenza aumentava drasticamente, potendo arrivare a 930 CV con un limite portato a 10.500 giri/min; la coppia motrice del motore raggiunge un picco di 608 Nm a 6.500 giri/min.
La Mazda schiera la 787 nel 1990 solo per puntare alla vittoria alla 24 Ore di Le Mans, disinteressandosi del Campionato mondiale sportprototipi (WSC), le due 787 in gara sono vittime di inconvenienti meccanici al motore: perdita d'olio e cavi elettrici bruciati dovuti ad un inadeguato raffreddamento, le costringono al ritiro.
Nel 1991 la Mazda torna più preparata, schierando una versione rivista chiamata 787B, partecipa anche al campionato del mondo prototipi e a campionato giapponese prototipi. Si arriva quindi alla 24 Ore di Le Mans 1991, dove vengono schierate tre vetture. Nonostante partisse senza i favori dei pronostici, nel corso della gara Mazda seppe approfittare dei problemi tecnici che via via gli avversari subirono: le nuove Peugeot 905, le Mercedes-Benz C11 e le Porsche 962 si ritirarono per problemi al motore, le Jaguar XJR-12 condussero una gara in difesa per un consumo di carburante superiore; mentre la più leggera Mazda 787B risalì la classifica e alla fine vinse la corsa con l'equipaggio composto da: Johnny Herbert, Volker Weidler e Bertrand Gachot.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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nissan sunny gti-r



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La Nissan Sunny GT-R ( codice chassis RNN14 - alias GTiR, i-R e R)e l unico veicolo costruito dalla nissan tra il 1990 ed il 1994 che entrò a far parte del WRC nel gruppo A . Il telaio è costruito sulla base del Nissan Pulsar (alias Sunny) 3 porte, con l aggiunta di uno spoiler posteriore e una presa d aria sul cofano. Il sunny in questione montava un sistema 4WD,invece come motore una variante del SR20DET mai usato in altre vetture prodotte dalla nissan.
Costruttore Nissan Motors
Nome Nissan Sunny GTI-R
Anno di produzione 1990-1994
Motori 169 kw (227 hp) 284 Nm) (209 ft·lb) 2.0L (1998 cc) SR20DET 4 cilindri 16 valve DOHC con turbo intercooler
Trasmissione 5-rapporti manuali
Passo 2430 mm (95.7 in)
Lunghezza 3975 mm (156.5 in)
Larghezza 1690 mm (66.5 in)
Altezza 1410 mm (55.5 in)
Peso 1220 kg (2690 lb)
Per intenderci, ha 27,2 kgm a 4800 giri e considerato il regime di 6400 giri a cui viene erogata la potenza massima, ci si fa subito un'idea di quanto sia da corsa l'SR20DET del Sunny. Infatti privilegia tantissimo le zone alte del contagiri, la coppia in basso non esiste, quest'affare è pensato per un uso esclusivamente agonistico, una bestia!!!!!!! Infatti ha corso nel Mondiale Rally come Gruppo A, ma l'ha vinto nel 1992 come Gruppo N, cioè strettamente derivata dalla serie, non aveva bisogno di grosse modifiche per bastonare tutte le altre! La devastante potenza del suo motore è dovuta ad importanti modifiche, come i 4 corpi farfallati (uno per cilindro) e l'intercooler di dimensioni quadruple rispetto a quello della Silvia che consente alla turbina di spingere a 0,85 bar anzichè i canonici 0,7 della Silvia.
L'altro punto di forza è lo schema di trazione integrale ATTESSA, Vi ricorda niente questa sigla? E' lo schema che c'è sulla Skyline GTR. Con le guste modifiche, ovviamente. Ha differenziale anteriore e posteriore autobloccanti, entrambi con giunto viscoso e un ripartitore di coppia centrale che può far variare la distribuzione della coppia dai normali 50-50 fino a 80-20 o 30-70 in meno di un decimo di secondo.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 29 aprile 2013, 15:36 
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FORD PUMA

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La Ford Puma è una piccola coupé di classe media prodotta dalla casa automobilistica Ford nei suoi stabilimenti tedeschi di Colonia dal 1997 al 2002 esclusivamente per il mercato europeo.
Il pianale è lo stesso della Ford Fiesta terza serie entrata in produzione nel 1996 e il suo design segue la corrente del New Edge inaugurato alla fine di quell'anno dalla Ford Ka (seppure in forme meno accentuate).
Per quanto riguarda l'impostazione meccanica si trattava di una classica vettura a motore e trazione anteriore dotata di un impianto frenante di tipo misto, con freni a disco all'anteriore e a tamburo al posteriore. Il cambio, rapido e preciso, era disponibile solo in versione manuale a 5 marce.
L'allestimento era full-optional per le versioni 1.4 e 1.7. Esso comprendeva inoltre: climatizzatore manuale, autoradio con CD, cerchi in lega 15" su pneumatici 195/50, specchietti retrovisori elettrici, fari parabolici con altezza regolabile elettricamente, finiture in alluminio satinato, chiusura centralizzata, pomello cambio in alluminio, vernice micalizzata, immobilizer, volante con inserti in pelle traforata, regolazione elettrica altezza sedile guidatore.
A partire dalla primavera '99 ha avuto luogo una rivisitazione degli interni, con la modifica di alcuni dettagli e nuovi tessuti. A livello meccanico, con l'introduzione della 1.6i (nuova versione base con allestimento semplificato), aumentarono le dimensioni dei freni, venne modificato il disegno dei cerchi in lega e aggiunto il 3° stop nel portellone.
Non è stata sostituita nei listini da alcun modello simile al momento del ritiro dalla produzione, seguendo, in parte e nel mercato delle piccole coupé, lo stesso destino della sua storica concorrente, la Opel Tigra, segnando cosi la fine del mercato di nicchia delle piccole sportive "alla portata di tutti" derivate da vetture utilitarie.
Alcune elaborazioni sono state presentate durante gli anni, tra cui la Ford Racing Puma in edizione limitata e con un propulsore maggiormente potente, ma solo nel mercato britannico.
Nel campo della sicurezza automobilistica, così come tutte le Ford, ha di serie i due airbag frontali e l'ABS con TCS.
Fu resa disponibile in 3 motorizzazioni, tutte a benzina, in comune con alcuni modelli Mazda e prodotti in collaborazione con Yamaha.
Tra le versioni offerte, maggior successo di vendite ha riscosso la più "piccola" 1.4i 16v, giudicata maggiormente limitata nei consumi ma capace di prestazioni di classe superiore. Grazie anche al suo peso contenuto di soli 1050 kg circa, le motorizzazioni discretamente potenti riuscirono a rendere la vettura eccitante e con buone prestazioni.
Prestazioni di rilievo evidenziate, soprattutto, dall'elasticità dei motori: la 1.7i con una curva di coppia molto favorevole, dà la possibilità di viaggiare a soli 40 Km/h 5ª marcia, ma riprende, sempre in 5ª, da 80 a 120 Km/h in poco più di 12 secondi (al pari di un turbo-diesel di ultima generazione). Il telaio, inoltre, garantisce un'ottima tenuta di strada in ogni situazione e permette un controllo ineccepibile della vettura.

Ford Racing Puma
La Ford Racing Puma venne realizzata dal team specialista Ford Rally di Boreham. Venne prodotta in una serie limitata di soli 500 esemplari, costruiti nello stabilimento di Tickford, Daventry nel Regno Unito.
Il veicolo possedeva una versione modificata del 1.7i VCT oltre ad un bodykit estetico, freni a disco posteriori e anteriori da competizione Alcon a 4 pinze, sedili sportivi Sparco, interni in alcantara blu, e cerchioni da 17" Speedline. Questa versione venne venduta esclusivamente nel mercato inglese. Degli originali 500 esemplari, solo 288 vennero venduti a causa del prezzo elevato. Tutti quanti erano di colore Imperial Blue che non era più disponibile in Inghilterra nelle Puma di serie. Quando la Ford si accorse che le vendite ristagnavano, le catene di montaggio vennero fermate e le Puma rimanenti costruite, ma invendute, vennero offerte ai manager Ford come auto aziendali.

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cadillac eldorado 1955



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La Eldorado era una vettura due porte che ha fatto parte della gamma della Cadillac dal 1953 al 2003. L'origine del nome è controversa: secondo alcuni deriva da un suggerimento di una segretaria ad un dirigente della Casa. Il modello infatti si poneva come il più lussuoso proposto dalla ditta fino a quel momento e venne suggerito di chiamarla con il nome della mitica città dell'oro, Eldorado, in quanto solo questo nome poteva rendere giustizia del modello. Sulla rivista Palm Spring Life è stato scritto che il nome deriva dal resort preferito dai vertici della General Motors: l'Eldorado Country Club ubicato nella Coachella Valley - California.
Finché rimase in produzione la Eldorado rimase la più lussuosa della gamma.
La Eldorado venne presentata nel 1953 e seguì la concept-car El Dorado Golden Anniversary presentata nel 1952. La vettura inizialmente era disponibile in quattro colori speciali. Inoltre presentava caratteristiche uniche e una capote rigida come copertura. Sebbene fosse basata sulla Series 2 decappottabile, vettura di normale produzione, la Eldorado costava esattamente il doppio di questa: 7.750 Dollari USA. Tra le particolarità di questa vettura si ritrovavano i finestrini senza telaio e una linea mediana, passante per la base dei finestrini, a sbalzo, cioè incisa nel metallo della carrozzeria. Questi due tocchi di stile erano molto amati da Harley Earl, il capo dell'Ufficio Stile della General Motors. Questo stile piacque e venne copiato anche da altri costruttori. Va detto che per tutti gli anni cinquanta la Eldorado rimase la vettura che dettava lo stile dell'intera gamma General Motors e in generale dell'industria automobilistica.
Nel 1954 la Eldorado perse la sua particolare carrozzeria e da quel momento condivise quella di base delle Cadillac di serie. Questo passaggio permise alla General Motors di allargare la base di vendita riducendo il, notevole, prezzo della vettura.
Nel 1955 la carrozzeria fu oggetto di un nuovo intervento. Furono aggiunte, nella parte posteriore della vettura, delle pinne alte e slanciate ma dalle linee diritte, in contrasto con le linee bulbose e dure che erano comune sulle vetture dell'epoca. Anche questa scelta rappresentò un altro esempio di come la Eldorado, dal punto di vista stilistico, si ponesse all'avanguardia della produzione.
Nel 1956 venne presentata la versione hardtop che fu chiamata: Eldorado Seville.
Nel 1957 venne rivista la parte posteriore dell'Eldorado coupé e della Seville. Questa adesso si presentava con una linea bassa a freccia del paraurti che si collegava a delle code slanciate dalla parte superiore tagliata. Queste linee vennero usate per due anni ma non trovarono molti imitatori.
Sempre nel 1957 venne presentata la vettura più costosa, costava di più di una Rolls Royce Silver Cloud dell'epoca, mai prodotta dalla General Motors: la Eldorado Brougham. Questa Eldorado era una quattro porte hardtop e si poneva come uno dei principali esempi di design del gruppo statunitense. Molte erano le particolarità di questa vettura. Le quattro porte si aprivano ruotando verso la parte anteriore e posteriore della vettura lasciando libera la parte centrale della stessa. Il tetto era in acciaio inossidabile, le sospensioni erano pneumatiche, erano stati montati i doppi fari, caratteristiche queste ultime per la prima volta impiegate su di una vettura. Inoltre ogni altro accessorio, estetico o pratico, che le fervide menti dei progettisti della General Motors avevano potuto realizzare era stato inserito. Per esempio la vettura aveva i sedili con la memoria delle posizioni. Il costo, come detto, era elevatissimo: 14.000 Dollari. La vettura venne prodotta per due anni e, dato il suo costo, ne furono realizzati solo un numero molto ridotto di esemplari. Nonostante il prezzo sembra che per ogni esemplare venduto la General Motor ci rimettesse dei soldi. Oggi queste vetture, data la loro difficile reperibilità, sono le vetture del periodo postbellico più ricercate dai collezionisti.
La produzione della vettura venne interrotta nel 1958 anche se per altri due anni, 1959 e 1960, ne venne realizzata una versione differente che però mantenne lo stesso nome. Questa seconda serie della Eldorado Brougham veniva realizzata in Italia dalla Pininfarina, ditta con la quale la Cadillac aveva un lungo rapporto di collaborazione. La carrozzeria era assemblata, artigianalmente, dalla ditta italiana che utilizzava la meccanica americana. Queste Eldorado avevano uno stile meno stravagante delle vetture prodotte nei due anni precedenti e un prezzo minore. Tra le particolarità estetiche di queste vetture vanno ricordate le luci posteriori, molto discrete e perfettamente inserite nelle pinne posteriori di dimensioni ridotte, mentre sulle altre vetture Cadillac le luci avevano la forma molto simile a quella di un razzo montate su pinne di rilevanti dimensioni. Anche in questo caso lo stile dell'Eldorado indicò la via da seguire nel futuro. Le Brougham prodotte nel 1959-1960 sono meno amate dai collezionisti in quanto la qualità della vettura non raggiunse gli standard delle vetture del biennio 1957 - 1958.
Nel 1960 venne interrotta la produzione della Seville. Da questa data in poi la versione decappottabile della Eldorado divenne, in pratica, una versione più curata e accessoriata delle Cadillac decappottabili di serie. sempre in questo anno terminò l'importazione delle Eldorado Brougham italiane e il nome entrò in un periodo grigio.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 30 aprile 2013, 17:16 
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FIAT ABARTH 030

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Allo scopo di sostituire l'ormai anziano modello "124 Coupé", nel 1972 la Fiat aveva avviato il progetto X1/20, la cui presentazione era prevista per il Salone dell'automobile di Torino del 1974, affidando lo studio della linea alla Pininfarina e la costruzione del telaio alla neo acquisita Abarth. Tuttavia, la dirigenza FIAT era piuttosto restia a mettere in listino una vettura a vocazione "corsaiola", anche alla luce dei risultati ottenuti dagli ultimi due modelli sportivi "128 Coupé" e "X1/9", caratterizzati da elevati contenuti ingegneristici e costruttivi, ma accolti tiepidamente dal mercato.
La sinergia tra FIAT, Abarth e Pininfarina diede buoni frutti e, sul finire del 1973, i prototipi erano in fase di realizzazione piuttosto avanzata. Visto l'anticipo sui tempi, era stato deciso di allestire un prototipo per farlo partecipare, a scopo promozionale, al "Giro d'Italia", una gara che si componeva di prove su strada ed in circuito, al tempo molto seguita dagli appassionati di tutta Europa. Completata la versione da gara e venuto il momento di iscriversi alla gara, nessuna decisione era stata presa circa il futuro del "progetto X1/20".
Fu così che la vettura venne iscritta al Giro automobilistico d'Italia del 1974 come Abarth SE030 e, condotta da Giorgio Pianta e Cristine Becker, colse un considerevole secondo posto assoluto, alle spalle della Lancia Stratos Turbo condotta dalla coppia Andruet - Biche.
Presentata al Salone di Torino del 1974 come Fiat Abarth 030, la vettura venne poi prodotta in versione stradale e commercializzata come Lancia Beta Montecarlo, a partire dal 1975. L'evoluzione della "030" proseguì, evolvendosi nel modello Abarth SE 037, in seguito trasformatosi nella plurivittoriosa Lancia Rally 037.
Le scocche realizzate furono due (n. 300 e 301), ma non risulta che la seconda vettura sia stata impiegata nelle competizioni.
Sia l'aspetto della carrozzeria che la configurazione tecnica "tutto dietro" (motore in posizione posteriore e trazione posteriore) anticiparono quelle dalla futura "Beta Montecarlo", anche se con importanti differenze.
Il motore è derivato dal "6 cilindri 3200" della Fiat 130, che venne opportunamente elaborato dalla Abarth aumentando la cilindrata, irrobustendo gli alberi a camme e variando il sistema di alimentazione con l'inserimento di 3 carburatori doppio corpo Weber 48 IDF. Le modifiche portarono la potenza a superare abbondantemente i 250 CV.
Il propulsore venne montato posteriormente, ma fu necessario inserirlo in posizione longitudinale, allo scopo di poter utilizzare il gruppo cambio-differenziale prodotto dalla ZF, del medesimo tipo già utilizzato per equipaggiare la De Tomaso Pantera.
Non vi sono notizie circa i due esemplari di "030" che, probabilmente, sono stati demoliti.

Caratteristiche tecniche - Fiat Abarth 030

Configurazione
Carrozzeria: Coupé Posizione motore: posteriore Trazione: posteriore
Massa a vuoto: 910 kg

Meccanica
Tipo motore: 6 cilindri a V ciclo Otto, corsa corta, posteriore longitudinale
Cilindrata: (alesaggio x corsa = 102 x 71 mm), totale 3.481 cm³
Distribuzione: a 2 valvole con alberi a camme in testa
Prestazioni motore: Potenza: 285 CV DIN a 6.000 giri/min
Frizione: monodisco a secco Cambio: manuale ZF a 5 rapporti sincronizzati + RM e differenziale autobloccante

Telaio
Corpo vettura: Scocca metallica autoportante
Freni anteriori: a disco, posteriori: a disco

Prestazioni dichiarate
Velocità: 275 Km/h

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 2 maggio 2013, 16:03 
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MAZDA MX-5 PRIMA SERIE

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La prima serie della MX-5, riconoscibile dalla numerazione del telaio iniziante con NA, fu svelata al Salone di Chicago il 10 febbraio 1989 ed è stata messa a disposizione per la consegna agli acquirenti in tutto il mondo nelle seguenti date: marzo 1989 in Giappone, luglio 1989 (stesso modello del 1990) negli Stati Uniti, 1990 in Europa. Un hard-top opzionale è stato messo a disposizione negli stessi tempi.
L'ispirazione della linea venne dalle piccole spider inglesi dell'epoca come la Triumph Spitfire o ancora più la Lotus Elan; l'impostazione meccanica era classica per i tempi con motore anteriore e trazione posteriore.
La carrozzeria della NA è tutta in acciaio con un leggero cofano d'alluminio. Le dimensioni totali sono: 3.970 mm (156 pollici) di lunghezza, 1675 mm (65,9 pollici) di larghezza e 1235 mm (48,6 pollici) di altezza, con un peso totale di kg 950. Il coefficiente di resistenza aerodinamica è stato indicata come 0,38. La sospensione è a doppia forcella indipendente su tutte e quattro le ruote, con una barra antirollio, nella parte anteriore e posteriore. Quattro freni a disco, ventilati nella parte anteriore, pieni al posteriore. Ruote in lega con pneumatici radiali 185/60HR14.
Questa prima versione di MX-5 è venduta con un propulsore da 1,6 L (98 cu in) doppio albero a camme in linea a quattro cilindri, montato longitudinalmente, ispirato nell'estetica al glorioso bialbero Alfa Romeo, che produce 90 kW (120 CV) e 136 Nm (100 ft lbpd) di coppia. Il motore impiega un sistema elettronico di iniezione del carburante che utilizza un sistema di tipo flussometro e un sensore albero a camme invece di un distributore. Questo motore, nome in codice B61P, era stato precedentemente utilizzato per la serie 323. Il motore è assistito da un cambio a 5 rapporti, mentre il cambio automatico (disponibile solo in Giappone e Stati Uniti) era inserito tra gli optional ma non fu molto richiesto. Questi mercati hanno avuto inoltre in optional un differenziale a slittamento limitato di tipo viscoso, anche se erano normalmente disponibili solo per le autovetture con una trasmissione manuale.
La NA può raggiungere 60 mph (97 Km/h) in 9,4 secondi e ha una velocità massima di 190 Km/h (120 mph). La prima generazione di Miata (spesso denominato M1) include una speciale edizione nel 1991, prodotta in British Racing Green: la prima con l'uso di interni in pelle. Sono state prodotte 1500 vetture LE (Limited Edition) nel 1993. Questo modello è caratterizzato da interni in pelle rossa, impianto stereo migliorato, pomello cambio Nardi, volante in pelle, cruise control, differenziale a slittamento limitato, finestrini elettrici, specchietti elettrici, servosterzo, aria condizionata, cerchi BBS, ammortizzatori Bilstein, spoiler anteriore e posteriore, ABS. Tutte le auto LE sono state vendute in color nero.
Nel 1994 la prima generazione di MX-5 è stata rivisitata con l'introduzione del più potente 1.8 L (110 cu in) BP-ZE, doppio airbag e, in alcuni mercati, un differenziale autobloccante. Il telaio è rimasto sostanzialmente invariato, la maggior modifica visibile è l'aggiunta di una "track bar" tra le cinture di sicurezza, all'interno dell'auto, ma sono anche stati aggiunti dei rinforzi (subframes) per la parte anteriore e posteriore. Inoltre, il 1994 è stato l'unico anno in cui Mazda ha offerto un nuovo colore light metallic blue (Laguna Blu Mica), rendendo queste auto da collezione. Il 1994 ha visto anche l'introduzione del pacchetto "R", un pacchetto sport a tema con ammortizzatori Bilstein.
Il nuovo motore 1,8 L (110 cu in) produce 98 kW (131 CV), è stato poi aumentato di 1 kW (1,36 CV) per il modello del 1996. L'auto aumenta di peso arrivando a 990 kg (2200 lb). Le performance sono state leggermente migliorate, la maggior cavalleria è in parte compensata dal peso supplementare. In alcuni mercati come l'Europa, il motore 1,6 L (98 cu in) ha continuato a essere disponibile con un più basso costo, ma è stato depotenziato a 66 kW (89 CV). Questo motore inferiore non ha ricevuto tutti gli ulteriori rinforzi al telaio del nuovo 1.8 L (110 cu in). Per le auto giapponesi e statunitensi è stato reso disponibile come optional un differenziale Torsen LSD, che è molto più durevole rispetto al precedente differenziale viscoso.
Ci sono stati un certo numero di modelli e di edizioni speciali disponibili, determinati dal marketing locale degli uffici Mazda. Negli Stati Uniti, il modello di base al momento del lancio era caratterizzato da soluzioni molto economiche, come finestrini manuali, ruote in acciaio, e senza A/C o servosterzo. Un primo pacchetto di optional venne offerto con l'adozione di servosterzo, volante in pelle, ruote in lega di alluminio e mangianastri. Un secondo pacchetto aggiungeva finestrini elettrici, controllo della velocità di crociera e altoparlanti per poggiatesta, mentre il pacchetto superiore comprendeva gli interni in pelle. Nel Regno Unito, per celebrare la vittoria della 24 ore di Le Mans, Mazda ha creato un'edizione speciale della MX-5, con i colori della vincitrice (Mazda 787B) per giunta dotato di BBR (Brodie Bretagna Racing) conversione turbo.
La prima generazione di MX-5 è stata gradualmente sostituita con il modello del 1997 (con l'eccezione di 400 vetture in edizione limitata, venduti solo nel Regno Unito nel 1998, per marcare la fine del NA).
La MazdaSpeed ha rilasciato il Touring Kit B-Spec per incrementare le prestazioni della MX-5 prima serie. Il kit comprende un'unità BP da 1,8 litri alessata per portare la cilindrata a 1929 cm³ e una valvola a farfalla a quattro stadi. La potenza di uscita viene incrementata a 192 CV, mentre la coppia massima sale a 19,8 kgm.

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 6 maggio 2013, 7:14 
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Opel Calibra


L'Opel Calibra è una coupé di fascia medio-alta, prodotta dal 1989 al 1997.

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Durante la seconda metà degli anni ottanta, l'Opel Manta B, coupé di fascia medio-alta in listino fin dal 1975, stava rapidamente perdendo clienti ed i suoi dati di vendita stavano vertiginosamente precipitando. Era necessario voltare decisamente pagina e iniziare a pensare ad una coupé completamente nuova, sotto tutti i punti di vista, anzi, doveva proporre anche un design all'avanguardia, per far capire al mondo che l'Opel non aveva affatto esaurito le sue carte nel campo delle sportive stradali.

Come base si scelse quella della Vectra, la berlina sostituta della Ascona il cui lancio non era ancora avvenuto, ma era in ogni caso imminente. Il design della carrozzeria fu affidata a Wayne Cherry, che in quel periodo si stava occupando anche della stessa Vectra. Cherry impostò lo studio della carrozzeria del nuovo modello alla galleria del vento, per ottenere una linea molto profilata. Anche per quanto riguardava la gamma motoristica, la nuova vettura doveva rompere con un passato fatto di motorizzazioni piccole, poco potenti e quindi anche poco attraenti dal punto di vista commerciale. Senza nessun compromesso, si scelse di prendere come motorizzazione base un 2 litri da 115 CV. Nel 1989, la nuova vettura era pronta al debutto.

Presentata al Salone dell'automobile di Francoforte nel settembre 1989 con il nome di Calibra, si mostra subito elegante e spaziosa, dotata di una tecnologia avanzata. Stupisce per l'incredibile cx di 0.26 della versione base, per la carrozzeria assai profilata e per il frontale dotato di avveniristici gruppi ottici sottili, rettangolari ed a sviluppo orizzontale.
Sul mercato italiano arriverà alcuni mesi dopo, nel giugno 1990.
La gamma iniziale della Calibra era semplificata e comprendeva solo due versioni: la motorizzazione di base era un 2 litri a due valvole per cilindro da 115 CV. L'altra versione montava sempre un 2 litri, ma con distribuzione a 4 valvole per cilindro. Tutti i motori erano ad iniezione e dotati di catalizzatore. Già 29.431 esemplari furono venduti solamente nel primo anno di produzione.

Nel 1991 nasce la Calibra 2.0 16V Turbo 4x4 da 204 CV, dotata di prestazioni di assoluto rilievo (245 Km/h, da zero a cento Km/h in 6,7") ed ecologica (catalizzatore metallico di serie).

Nel 1994 tutta la gamma beneficia di un lieve restyling: per l'occasione viene installato sulla vettura un V6 da 2,5 litri capace di erogare una potenza di 170 CV. Si apre così l'era dei motori ecotec, che si contraddistinguono per un livello di inquinamento inferiore alle precedenti motorizzazioni, anche se meno prestanti. Viene messo sul mercato il nuovo modello 2.0i 16v con motore X20XEV che sviluppa 100 kW (136 CV) rimpiazzando la versione precedente (2.0i 16v da 110 kW -150 CV-). Il motore turbocompresso rimane invariato, ma viene rinominato "ecotec" per motivi commerciali.

La produzione dell'Opel Calibra termina nel 1997 con un ammontare di 238.647 esemplari prodotti, Opel dovette addirittura riprendere una produzione supplementare in Finlandia per soddisfare la domanda. La produzione ebbe fine nell'estate dello stesso anno.

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DATSUN 240Z

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Presentata nel 1969 dalla Nissan Motor Co. e messa in vendita con il marchio "Datsun", era una coupé a due posti, dotata di MacPherson anteriore e posteriore derivato da vetture di serie. Il motore era derivato dalla 510 Sedan con l'aggiunta di due cilindri ottenendo così l'esuberante 6 cilindri in linea 2,4 litri SOHC da 150 cv.
Il cambio della vettura destinato in America era manuale a quattro velocità, mentre in Europa si dispose un 5 marce, era dotata di freni a disco all'anteriore e a tamburo al posteriore. Per le proporzioni della sua linea si era preso come riferimento la Ferrari GTO, mentre per il lungo cofano l'ispirazione era arrivata dalla Jaguar E-Type. Il design degli interni era molto pulito pur senza grandi innovazioni, con bei sedili sportivi che includevano i poggiatesta. La 240Z accelerava da 0-60 mph in 8,2 sec e copriva il quarto di miglio in 15,5 secondi.
Da questo modello presero vita gli anni successivi i modelli Datsun 260Z e Datsun 280Z le cui differenze riguardavano soprattutto la cilindrata del motore, aumentate a 2,6 e 2,8 litri, mentre la potenza rimaneva costante a causa delle normative americane anti inquinamento.
Nel Novembre del 1969 venne lanciata sul mercato una versione speciale della 240Z. la Fairlady 432Z, la quale era equipaggiata con lo stesso propulsore 6 cilindri in linea DOHC 24 valvole S20 che equipaggiava la Skyline GT-R. La numerazione 432 fa riferimento alle 4 valvole, 3 carburatori e 2 alberi a camme di cui la vettura era provvista. Era equipaggiata di cerchi in magnesio come dotazione di serie.
Di questa versione venne prodotta una serie speciale, denominata Z432R, per permettere l'omologazione della vettura alle competizioni rallistiche. Costruita solo per il mercato giapponese, la R aveva una speciale livrea arancione abbinata a nuovi componenti di colore nero quali il cofano motore, lo spoiler anteriore e i cerchi in magnesio. L'intero corpo vettura era stato alleggerito, ed'era stato inoltre introdotto un sistema di sicurezza per la coppa dell'olio per evitare che il motore, a causa delle sollecitazione dovute al terreno sconnesso, la rompesse inavvertitamente.

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cadillac eldorado 1974



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Nel corso del 1971, l'intera gamma delle vetture full-size della General Motors venne riprogettata, e fatta oggetto di una profonda ristrutturazione. Per l'Eldorado questo significò la reintroduzione, sul coupé, delle gonne sui paraurti, e della versione decappottabile. Sull'hardtop venne introdotta una ulteriore innovazione stilistica: i finestrini denominati Opera, cioè dei finestrini fissati posteriormente, all' interno della struttura del tetto in vinile. Anche questo tocco di stile introdotto dall'Eldorado divenne popolare, e successivamente fece la sua comparsa su gran parte delle vetture americane prodotte da altrei marchi, sino alla fine del decennio. La carrozzeria non subì modifiche di particolare rilievo, sino ad un sostanziale rifacimento, che avvenne nel corso dell'anno 1975. In totale questa versione del modello rimase in produzione per otto anni. Queste autovetture, che utilizzavano la soluzione tecnica della trazione anteriore vennero equipaggiate con il V8, caratterizzato dalla cilindrata, che raggiungeva il valore di 8200 centimetri cubi, (500in3), e tale valore rappresenta la cubatura massima raggiunta da un propusore utilizzato da una vettura prodotta dalla casa. Questo motore era stato introdotto sull'Eldorado, che rimase l'unico modello a montarlo, a partire dall' anno 1970. Gli altri modelli della gamma montavano il 7,7 L (472in3), la cui immissione sul mercato risaliva al 1968.
Nel corso dell' anno 1976, la produzione delle altre vetture decappottabili americane erano ormai terminata, e anche la General Motors pubblicizzò ampiamente l'imminente uscita dal listino ufficiale della casa della Cadillac Eldorado decappottabile, che in effetti era l'ultima vettura contraddistinta da tale particolarità tecnica di questo genere ad essere prodotta negli USA. Ciò diede l' avvio a fenomeni di carattere speculativo, e molte di queste vetture furono acquistate con l'intento di realizzare un investimento il cui valore si sarebbe rivalutato negli anni successivi. In seguito la stessa General Motors reintrodusse il modello nella gamma delle sue vetture scoperte, causando il nascere di una diatriba, che ebbe anche risvolti di natura legale, tra la casa automobilistica ed i suoi clienti, che, sentendosi buggerati dalla casa automobilistica, promossero nei confronti della stessa una causa legale, che tuttavia persero.
Nel biennio 1977-1978 il pianale della Eldorado/Toronado, vetture a trazione anteriore, rimase quello di maggiori dimensioni nella gamma della General Motors mentre, nello stesso periodo, quelli delle vetture a trazione posteriore si ridussero di dimensioni.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 7 maggio 2013, 16:55 
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PORSCHE 356 CARRERA ABARTH GTL

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La Porsche 356 Carrera GTL Abarth, conosciuta anche come Porsche Carrera-Abarth, era una versione da competizione della Porsche 356 costruita per la stagione agonistica 1960.
In quegli anni la Porsche accumulava numerose vittorie di classe con le sue vetture da corsa a motore centrale, ma decise di cimentarsi anche nella classe GT. Uno dei maggiori problemi era che l'ultima versione stradale della 356 era notevolmente più pesante della versione precedente: la casa tedesca decise allora di rivolgersi a qualche azienda che avesse maggiore esperienza nel settore degli alleggerimenti. Punto di riferimento era l'Italia, dove diversi produttori di automobili da corsa e carrozzieri avevano avuto molti successi nel trasformare vetture stradali in pesi piuma capaci di vincere le gare.
Nel settembre del 1959 Porsche si associò al vecchio amico di famiglia Carlo Abarth allo scopo di realizzare 20 vetture da corsa basate sulla 356B per la stagione 1961, con un'opzione per altri 20 esemplari.
I dettagli dell'operazione erano molto semplici: Porsche avrebbe fornito il telaio 356B che Abarth a sua volta avrebbe allestito con una carrozzeria progettata e costruita in Italia. Da notare che la presenza di una carrozzeria completamente diversa non creò problemi di omologazione della vettura, in quanto le norme della Federazione Internazionale definivano "vettura" l'insieme telaio-motore. Il regolamento non poneva limitazioni in merito alla carrozzeria, purché non fosse superato il valore del peso minimo: Abarth sfruttò questa falla nel regolamento. Anche se non era stato specificato nel contratto, il preparatore italiano aveva assicurato alla Porsche che Zagato (autore di molte GT di successo) avrebbe realizzato le carrozzerie, egli aveva però omesso di menzionare nella riunione del settembre 1959 che in realtà stava interrompendo il suo rapporto con Zagato e perciò per il progetto Porsche l'incarico fu dato a Franco Scaglione, ex progettista della Carrozzeria Bertone, che era considerato un esperto di aerodinamica in quanto aveva progettato le futuristiche concept car Alfa Romeo BAT. Il suo progetto per la Porsche-Abarth era piuttosto insolito in quanto combinava un muso basso e lungo con una coda molto corta e arrotondata. Abarth commissionò all'esperto carrozziere Rocco Motto di Torino la costruzione delle carrozzerie in alluminio.
La Porsche fornì all'Abarth l'ultima versione della 356. Il disegno di base del telaio era ancora molto simile a quello originale introdotto un decennio prima. La maggior parte del lavoro di sviluppo era stato rivolto al motore piatto a quattro cilindri. Il telaio consegnato alla Abarth, come le ultime Carrera, era dotato del motore a quattro alberi a camme con una cilindrata di poco meno di 1,6 litri. Derivato dai motori da corsa, con il carter secco e raffreddato ad aria, produceva 115 CV. Negli anni successivi al debutto le vetture sono state dotate di motori di 1,6 litri più spinti e dotati di scarichi "aperti", con potenze di 128 CV e 135 CV e in seguito anche da 2,0 litri con potenze di 155 CV e 180 CV. Mentre le sospensioni erano tutte a ruote indipendenti, per l'impianto frenante la Porsche si affidava ancora ai freni idraulici a tamburo, anche se già alla terza gara della vettura sul prototipo iscritto dalla squadra ufficiale alla 24 Ore di Le Mans 1960 furono installati freni a disco sperimentali.
Durante il montaggio delle carrozzerie sui telai si ebbero vari problemi che rallentarono la produzione, tanto che dopo i primi tre esemplari costruiti da Motto i restanti vennero fatti costruire dalla "Viarengo & Filipponi" e Abarth non riuscì a rispettare la scadenza del marzo 1960. Inoltre i tedeschi si lamentarono della qualità del prototipo, che aveva infiltrazioni da ogni finestrino, e dell'abitabilità risicata persino per gli usuali standard italiani. Scaglione aveva disegnato un tetto più basso di oltre 12 cm rispetto al modello di serie e i piloti più alti di 1,80 m avevano difficoltà ad accomodarsi in vettura.
Ma ciò che veramente importava era come la Porsche-Abarth si comportasse in pista: come richiesto la 356B italiana era più leggera (il risparmio totale di peso era di circa 50 kg) e aveva una minore resistenza aerodinamica rispetto alla sua equivalente tedesca. La nuova vettura da corsa fu ufficialmente denominata 356B GTL, cioè Gran Turismo Leggera.
I piloti Herbert Linge e Paul-Ernst Strahle portarono la vettura prototipo al debutto nel corso della Targa Florio del 1960 e subito ottennero la vittoria di classe e il sesto posto assoluto. Fu l'inizio di una carriera sportiva di grande successo, che ha visto la Porsche-Abarth dominare la sua classe per diversi anni. Alla gara successiva del Campionato mondiale vetture sport, la 1000 Km del Nürburgring, la 356B GTL sbaragliò le avversarie nella sua classe. La Porsche Abarth sarebbe andato a vincere la sua classe nella Targa Florio altre tre volte (l'ultima nel 1963), a Le Mans per tre anni consecutivi dal 1960 al 1962 e ripetendosi ancora alla 1000 Km del Nürburgring nel 1961, '62 e '63.
Nonostante i successi in pista della vettura e i miglioramenti qualitativi degli esemplari successivi, la Porsche rimase scontenta e annullò il contratto dopo la costruzione delle prime venti vetture. Anche se la collaborazione tra Abarth e la Porsche era finita, il team ufficiale tedesco continuò ad accumulare vittorie con quelle vetture da corsa di "qualità inferiore". I tentativi di costruire in Germania carrozzerie leggere e filanti fallirono tutti e fu solo quando la Porsche lanciò progetti più avanzati a motore centrale come la 904 GTS che le prestazioni della Porsche-Abarth furono eguagliate.
Per Porsche l'accordo con Abarth si è rivelato un discreto successo, ma in seguito Abarth deve avere guardato all'operazione con rammarico. Al di là del progetto 356B, egli aveva effettivamente intenzione di ampliare la sua gamma con modelli motorizzati Porsche, ma dopo che i tedeschi ebbero tagliato i ponti, i piani furono anch'essi accantonati.
Ci sono state notizie contrastanti su quanti esemplari siano stati costruiti prima che Porsche terminasse la produzione. Oggi è opinione comune che siano state costruite un totale di 21 scocche e che una di queste sia stata utilizzata per riparare un'auto schiantatasi.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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Audi A2


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L'Audi A2 è stata prodotta dalla Audi dal 1999 al 2005.

Derivata da un primo prototipo presentato al salone dell'automobile di Francoforte nel 1997, si caratterizzava da un uso quasi totale dell'alluminio, sia nella struttura che nella carrozzeria al fine di ridurre i pesi del veicolo e contenere i consumi. In questo modo venne seguito quello che era stato fatto anche da altre case costruttrici, come ad esempio la Renault con la grossa monovolume Espace e la carrozzeria in vetroresina, di non utilizzare le parti esterne del veicolo come elementi portanti. La controindicazione nell'utilizzo esteso dell'alluminio era però che questo metallo era più costoso, cosa che ha influito subito sui prezzi di vendita della A2.

Le vendite non diederò i risultati sperati dalla casa di Ingolstadt (circa 175.000 esemplari prodotti). La A2 è rimasta in produzione per pochi anni e, dopo la fine della produzione, per trovare una erede nei listini Audi, si sono dovuti attendere ben 5 anni, fino alla presentazione dell'Audi A1 nel 2010.

Contrariamente a quanto forse si è portati a credere, l'uso di materiali leggeri non ha influito sulla sicurezza del veicolo tanto che, sottoposta a test nel 2002, la A2 ha guadagnato 4 stelle nei crash test dell'EuroNCAP.

La A2 è stata equipaggiata da propulsori sia a benzina che a gasolio, i primi nella conformazione a 4 cilindri, i secondi in quella a 3; tutti di cilindrata abbastanza ridotta, 1390 e 1598 cm³ per le versioni a benzina, 1191 e 1422 cm³ per quelle diesel.

Le potenze espresse da questi propulsori andavano dai 45 ai 66kW (61-90CV) per le versioni diesel, dai 55 agli 81kW (75-110CV) per quelle a benzina.

La versione 1.2 diesel si distingueva per un aspetto più snello rispetto alle altre versioni, con un peso molto limitato e un'aerodinamica particolarmente ricercata (cx 0,25) la piccola A2, stando alle dichiarazioni Audi, poteva raggiungere il consumo record di soli 3 litri di carburante per 100 Km.

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Davide - DS5 1.6 BlueHDI EAT6 Business  -  C4 II 1.6 HDi 92cv Seduction Pack


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
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ce l'ha un mio amico......ha il 1.6 fsi......non va male anche perché è molto leggera ma non si può definire un'auto comoda.... :roll:

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 9 maggio 2013, 17:46 
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ALFA ROMEO BAT 5

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Alfa Romeo BAT 5 : Le Alfa Romeo BAT (Berlinetta Aerodinamica Tecnica) sono una famiglia di automobili sviluppate dalla Alfa Romeo in collaborazione con la carrozzeria Bertone a partire dal 1953. La famiglia era composta da tre vetture: la BAT 5 (1953), BAT 7 (1954) e BAT 9 (1955). Contattato da Alfa Romeo, Giuseppe "Nuccio" Bertone ricevette l'ordine di realizzare tre vetture, frutto di una laboriosa ricerca aerodinamica. L'idea era quella di realizzare auto con il minor coefficiente aerodinamico. Le tre auto furono caratterizzate da paraurti posteriori grandi dimensioni, sormontati da pinne ricurve, in special modo sulla BAT 7, ed infine da una ricerca stilistica molto particolare, le vetture furono disegnate da Franco Scaglione e sviluppate da Nuccio Bertone. Esposte fra il 1953 ed il 1955 al Salone dell'automobile di Torino, furono realizzate sul telaio dell'Alfa Romeo 1900. Le auto raggiunsero l'obbiettivo preposto, raggiungendo un valore di coefficiente aerodinamico pari a 0.19. Per ognuna delle tre concept, Alfa Romeo provvide a fornire un cambio manuale a 5 rapporti ed un propulsore a quattro cilindri, in grado di erogare più di 90 CV, sufficienti per spingere le tre vetture ad una velocità di punta di 201 Km/h. Le tre concept sono ora esposte al Blackhawk Museum in Danville, CA.
La prima auto, frutto della joint-venture tra le due industrie Italiane, fu la BAT 5. Fu la prima a comparire, nel 1953 al Salone dell'Auto di Torino. Il design del modello era il risultato di molti studi aerodinamici. La forma del frontale, infatti, mira ad annullare le turbolenze aerodinamiche alle alte velocità.
Il design si prefigge inoltre di eliminare qualsiasi resistenza supplementare generata dal girare delle ruote, così come la realizzazione di una struttura che possa creare il minor numero possibile di turbolenze d'aria. In pratica questi criteri rigorosi consentirebbero all'auto di raggiungere i 200 Km/h con il motore montato di serie. Il risultato che Bertone ha raggiunto è stato un'auto estremamente leggera (soli 1100 kg), con finestrini laterali in un angolo di 45 gradi rispetto al corpo-vettura e un grande parabrezza che si integra perfettamente con un tetto quasi piatto. La parte più appariscente è certamente la coda: sfoggia infatti un enorme lunotto diviso da una sottile striscia di lamiera, in stile Chevrolet Corvette Stingray, e due "pinne" lievemente affusolate verso l'interno, per un risultato estetico molto personale. Non vi fu certo mancanza di riscontri positivi: la vettura è stata un successo immediato, che colpì il pubblico con la sua notevole aerodinamica e la stabilità ad alta velocità. La BAT 5 poteva vantare un Cx di 0.23.

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Marco - DS3 1.6 THP Sport Chic

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cadillac eldorado '80



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Nel corso dell'anno 1979 venne presentata una nuova e accessoriata Eldorado, che per la prima volta condivideva la struttura di base della Buick Riviera anche con la Toronado. Queste autovetture, allo scopo di migliorare i consumi assolutamente proibitivi che avevano contraddisto i modelli prodotti sino ad allora , furono equipaggiate con propulsori di cubatura inferiore rispetto a quelli utilizzati in passato, compresa tra i 5,7 L i 6 L (350in3 e 368in3), che sostituirono i precedenti, caratterizzati da cilindrate comprese tra i 7,7 L e i 8,2 L.
Furono poi adottate le sospensioni posteriori indipendenti, allo scopo di recuperare spazio, e facilitare la sistemazione dei sedili posteriori e del bagagliaio, in una vettura peraltro caratterizzata da dimensioni esterne più ridotte rispetto alle precedenti. La più importante modifica di natura estetica fu originata dall' adozione di una linea del tetto che, nella parte posteriore, era caratterizzata da un taglio netto, praticamente verticale, così come pure lo era la linea dei finestrini posteriori.
Fece successivamente la sua comparsa il modello Biarritz dell'Eldorado. Su questo modello venne adottato nuovamente il tetto in acciaio inossidabile che caratterizzava la Brougham prodotta nella seconda metà degli anni 50. Nonostante fossero caratterizzate da dimensioni più contenute rispetto quelle che contraddistinguevano le versioni precedenti, le Eldorado prodotte in questo periodo erano comunque autovetture di dimensioni notevoli, dotate di un abitacolo accogliente, ed equipaggiate con propulsori potenti.
A partire dall'anno 1981, prese l'avvio per la casa automobilistica lo sfortunato intermezzo produttivo dipendente dall'adozione dei disastrosi motori, caratterizzati dal funzionamento di tipo modulare, a cilindrata variabile V8-6-4. Questi propusori erano equipaggiati e controllati da un nuovo e complesso sistema elettronico di monitoraggio, che avrebbe dovuto consentire di mantebnere i limiti di consumo stabiliti dalle nuove norme federali in materia. Il sistema avrebbe dovuto consentire l' attivazione di un numero di cilindri proporzionale alla potenza richiesta in quel momento al motore, escludendo quelli non necessari. Il sistema però non funzionò mai bene, e anzi, spesso non funzionò del tutto. Nonostante il palesarsi di tutti questi problemi la reputazione della Eldorado rimase solida, e le vendite raggiunsero il massimo livello delle 100.000 unità nel corso dell' anno 1984. Un risultato eccezionale, soprattutto se si considera che questa era una della vetture più costose immesse sul mercato automobilstico dell'epoca. Fra tutte le generazioni delle Eldorado prodotte nel corso delle varie epoche, questa può essere considerata la più indovinata in funzione del periodo e della situazione di mercato.
Nel corso dell' anno 1986 la produzione della Eldorado fu contraddistinta da una nuova, notevole e decisa riduzione delle dimensioni esterne della carrozzeria dell' autovettura. Le dimensioni esterne della Eldorado raggiunsero gli standard dimensionali tipici di modelli compact prodotti alcuni anni prima dalla casa, ed essa era caratterizzata dall' essere di dimensioni esterne minori di quelle che contraddistinguevano la Lincoln Continental Mark VII, sua diretta concorrente. Il procedere tecnicamente alla riduzione delle dimensioni esteriori del modello era dovuto alla decisione, presa collegialmente dal direttivo della direzione della General Motors, di assoggettarsi alle opinioni fornite dai suoi consulenti, i quali avevano previsto che nel 1986 il prezzo del carburante avrebbe raggiunto e superato i 3 dollari al gallone US, e che di conseguenza la domanda del mercato si sarebbe orientata verso auto di lusso di dimensioni più ridotte. In realtà, a quella data il costo di un gallone di benzina raggiunse la metà del prezzo stimato in precedenza, circa 1,5 dollari. Tuttavia la reazione del mercato all'incremento dei prezzi del carburante, fu un crollo deciso dei valori dei numeri di vendita delle automobili, che si attestò attorno a cifre che corrispondevano a un quinto di quelli raggiunti solamente nei due anni precedenti. Il modello prodotto in quell' anno era poi contraddistinto da una linea stilisticamente assolutamente anonima e infelice. Inoltre per la prima volta la Eldorado abbandonava la sua tipica peculiarità della soluzione tecnica dell' hardtop, per avvicinarsi alle soluzioni tecniche adottate dalle berline. Nel tentativo di risollevare le sorti di quello che era stato considerato un responso commerciale disastroso, la vettura venne poi sottoposta ad un frenetica e raffazzonata ristilizzazione, che sortì come unico effetto un modesto recupero di vendite. Tuttavia questa versione del modello non incontrò mai il consenso e l' apprezzamento dei clienti tradizionali della casa, ed è considerata dai critici e dagli esperti del settore un grave errore di Marketing. La produzione del modello ristilizzato cessò nel corso dell'anno 1991. Utilizzando lo stessa meccanica, nel corso dell'anno 1987, riprendendo a collaborare con quello che era considerato un suo patner storico, la Pininfarina, la casa mise in produzione la Cadillac Allanté, una roadster, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto diventare una temibile concorrente per le case europee quali la BMW e la Mercedes, ma che comunque, a causa degli stessi problemi di natura tecnica ed estetica che affliggevano gli altri modelli, fu accolta tiepidamente dal mercato automobilistico dell' epoca.


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 Oggetto del messaggio: Re: AUTO ED AUTO
MessaggioInviato: 9 maggio 2013, 19:19 
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forte quella BAT 5......

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